Juventus e Inter
Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni: Salvatore Schillaci non si è sottratto alla natura degli esseri umani. Trasformare un desiderio in realtà però non è da tutti. Dalle strade di Palermo con la Juve nel cuore ai primi lampi col Messina, il trampolino di lancio verso un altro mondo tinto di bianconero. Per Schillaci giocare nella Juve è stato un sogno, andare all’Inter la scelta giusta in un momento particolare della sua vita. In mezzo c’è stata la notorietà conquistata con la maglia della Nazionale e la gloria sfiorata a Italia ’90, dove ‘Totò’ è stato l’arma in più di una squadra che ha vissuto “Notti Magiche”. Schillaci ha conosciuto Antonio Conte quando era un “timido ragazzino” e oggi segue da spettatore il derby d’Italia che accende il campionato. Nella seconda vita di Schillaci non c’è solo il calcio: oggi ‘Totò’ recita, viaggia e vive tutto ciò che aveva messo da parte pur di realizzare il suo sogno più grande.
Salvatore, le manca giocare a calcio? Come è stato smettere?
Per un professionista che ha fatto cose importanti sia a livello personale che per l’Italia smettere è dura. Allontanarsi dai campi è sempre difficile. Quando guardo le partite di campionato e la Champions League mi viene voglia di tornare indietro, però tutto quello che ho fatto è stato fantastico soprattutto aver giocato in grandi squadre come la Juve, l’Inter e la Nazionale. Sono contento e felice per quello che ho fatto, ma adesso il calcio mi manca molto.
Il calcio l’ha salvata quando era un ragazzino?
Non mi ha propriamente salvato, ma il mio obiettivo era intraprendere questa professione. Ho avuto sempre questa passione fin da piccolo, pensavo solo al pallone. Non ero distratto da altro, non pensavo a fare qualcosa di diverso. Rispetto ad altri ragazzi il calcio mi ha aiutato moltissimo: la scuola non mi piaceva e quindi ho preso con serietà l’idea di fare il giocatore. Il calcio per me è stato tutto, è stata la mia vita e l’ho fatto con grande professionalità.
Che cosa hanno significato gli anni a Messina per lei?
Quando sono stato acquistato dal Messina avevo 17 anni: ero un ragazzino. Facevo parte di un gruppo straordinario e giocavo con la Primavera. Quando l’allenatore mi ha portato in ritiro insieme alla prima squadra, ho cercato di farmi notare ed è andata bene. Sono stati sette anni fantastici. Messina è stato il mio trampolino di lancio e ringrazio le persone con cui ho condiviso quel momento: ho vinto due campionati e la classifica dei marcatori. Messina mi ha adottato: è la città in cui sono nato calcisticamente. Lì ho avuto degli allenatori straordinari come Scoglio e Zeman.
Come è stato passare alla Juve?
Sono un tifoso bianconero fin da piccolo: lasciare il Messina dopo sette anni e andare alla Juve per me è stato straordinario. Ho coronato un sogno che avevo dentro di me da sempre. Non mi aspettavo di riuscire a realizzarlo: ciascuno di noi ha grandi sogni, ma non tutti riescono a farcela. Volevo indossare la maglia bianconera da bambino. Con tanti sacrifici, duro lavoro e gli insegnamenti di tanti professionisti alla fine sono andato alla Juve.
Lei ha giocato con Antonio Conte alla Juventus: che cosa ricorda?
Antonio era molto più giovane di me ed era un ragazzo molto timido, ma si impegnava moltissimo in campo. Come giocatore è stato un grande atleta e l’ha dimostrato: si vedeva che nonostante la giovane età e la poca esperienza aveva le carte giuste di diventare un allenatore affermato.
Che tipo di allenatore è Conte?
Antonio è un vincente. Oggi ha cambiato atteggiamento perché per fare l’allenatore bisogna farlo per confrontarsi coi propri giocatori. Credo che l’esperienza calcistica gli sia servita tantissimo per la sua nuova carriera. Ha un modo tutto suo di allenare e dirigere una squadra: non guarda in faccia a nessuno e schiera i giocatori che preferisce. All’Inter gli è stata data carta bianca e sta facendo quello che desidera. Conte non vuole i giocatori che creano problemi. È un uomo molto tenace, nella sua carriera ha vinto tanto. Penso che stia facendo molto bene.
Lei e Conte avete in comune il fatto di essere andati all’Inter dopo aver giocato nella Juventus: come è stato passare da Torino a Milano?
È una cosa normale: quando finisce un rapporto di tre anni e la Juve decide di cederti a una società come l’Inter tu da grande professionista devi accettarlo. Sono stato entusiasta di quel trasferimento: l’Inter mi ha accolto, la società mi ha voluto. Purtroppo sono stati due anni di infortuni e non sono riuscito a dare il mio contributo e provo rammarico per questo.
Nella sfida di San Siro potrebbero giocare insieme Ronaldo e Dybala: meglio loro due come coppia oppure Schillaci e Roberto Baggio?
Non sono due coppie paragonabili perché ai miei tempi si giocava in un altro modo. Penso che Roberto Baggio sia stato uno dei migliori centrocampisti e numeri dieci di sempre. Oggi il calcio è cambiato molto e non ci sono più ruoli: tutti difendono e tutti si buttano in avanti. Gli attaccanti di oggi rientrano e molte squadre giocano senza centravanti. Il calcio di oggi è molto più tattico, c’è molto pressing. Gli attaccanti sono liberi di esprimersi e possono fare tanti goal: è tutto molto diverso rispetto ai miei tempi. Il calcio di oggi è molto spettacolare.
Che idea si è fatto degli attaccanti di oggi?
Ci sono buoni giocatori, tanti ragazzi si stanno ritagliando spazio e c’è tanta qualità. Molte società puntano sui calciatori italiani e questo è un bene anche per la Nazionale. Ogni anno il campionato sforna tanti giovani talenti.