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Chiellini: “Voglio la Champions. L'infortunio? Una sfida personale”

TORINO – Il difensore e capitano della Juventus Giorgio Chiellini ha parlato intervistato dai microfoni di JTV.

“Ho ricominciato ad allenarmi, per ora faccio tanta palestra. Da quando ho tolto le stampelle è cambiato tutto, almeno ora posso fare una vita normale senza fastidi e senza impedimenti. Questo infortunio lo sto vivendo come una sfida per poi dimostrare che si può dare ancora tanto e godermi gli ultimi momenti di questa carriera. Devo ammettere che gli ultimi anni me li sto proprio godendo. Un po’ la maturità, un po’ i traguardi, le 500 partite con la Juve, la fascia da capitano della Juve, le 100 partite da capitano della Nazionale. Sono momenti storici”.

PAPA’ – “Cambiano i ritmi? Per forza. Durante il giorno forse sono più occupato, gli orari e i tempi sono un po’ più lunghi tra fisioterapia e palestra, ma sono sempre a casa. Non viaggio più: questo è il cambiamento più grande. Non dormo fuori… faccio il papà. Una delle prima cose che ho detto a mia figlia, che si è preoccupata tantissimo quando ha saputo che mi ero fatto male, è stata proprio questa: “Babbo starà più tempo con te”. Sicuramente c’è meno tensione. Tutte donne? Sì, Nina di 4 anni, Olivia di 4 mesi e Carolina che regge tutta la famiglia. Non decido niente? Ma va bene così. Mi godo le mie donne senza ambire a decidere niente. Entro nelle macro-decisioni, nelle micro-decisioni no. Però riesco a vedere le partite, la TV la controllo ancora per ora. Le bimbe? La grande me la godo tanto. Soprattutto ora cerco di accompagnarla e andarla a riprendere all’asilo sempre visto che ho l’occasione. Sono un babbo presente: dal fare la doccia alla storia prima di andare a letto con due coccole sdraiato per terra. La tecnologia? L’iPad e queste cose le ha, però almeno due storielle, a volte tre perché ne aggiungo sempre una, sì. A lei in realtà basta che io mi metta lì con lei, il resto è una scusa. Comunque non me le invento le storie, le leggo”.

GIOVANE – “Ero più vivace, Poi siamo due gemelli, quindi con Claudio eravamo abbastanza vivaci. Ci davano un pallone e potevamo spaccare tutta la casa. Però alla fine Claudio andava a letto presto e si alzava presto, io invece volevo andare a letto tardi. Eravamo gemelli, ma diversi nella quotidianità. Anche come carattere, io sono più calmo, lui più irascibile. Io più introverso, lui più estroverso. La doppia anima? Sempre avuta. Negli ultimi anni il lato aggressivo che avevo in campo l’ho un po’ domato, guadagnandone in lucidità. Ne ha guadagnato il mio gioco. Soprattutto più giovane, combattevo la tensione con l’agonismo, avevo quasi bisogno di crearmi dei nemici in campo. Così da piccolo? Sì, il carattere è sempre stato questo. Crescendo l’ho domato. Ricordo i pomeriggi davanti casa, tutto il pomeriggio a giocare lì. Nei weekend cercava d’esserci anche il babbo. Poi alle 7 urla per giocare a cena. Facevi anche gol? Tutto. Tutti contro tutti. Pure alle elementari con i più grandi e mi facevo rispettare. Anche sei anni contro dieci, non avevo paura di nessuno nemmeno lì. E le figurine? Vagonate di doppioni, quasi album interi. Ricordo che a Natale per regalo volevo sempre l’album con la paccata di figurine”.​

BASKET – “Ero piccolo rispetto alla finale di Milano, era un altro Livorno. Da adolescente le mie domeniche perfette erano 14:30 stadio e poi alle 18 la partita di basket. Stadio e palazzetto sono adiacenti, 300 metri di distanza. Mamma mi accompagnava alle 2, andavo allo stadio, poi palazzetto e il ritrovo era alle 19.45 al palazzetto”.

TORINO – “Perché si trovano tutti bene? Città a misura d’uomo. C’è tutto ma è contenuto, gli spostamenti sono tranquilli e non esasperati. Già Firenze, che è splendida, è anche più caotica. Torino è piccola: fai nord-sud in 30 minuti se non è orario di punta. Ti permette di passeggiare in centro tranquillamente. Ovviamente sabato e domenica c’è qualche limitazione in più, perché c’è la partita. Però riesci a ritagliarti bene gli spazi con la famiglia e per non essere concentrato solo sul calcio”. ​

JUVENTUS – “Non ho giocato in tanti club e sono fortunato, perché poi ora è la quindicesima stagione qui ed è vero che non è facile starci ed è pure merito tuo. Ma bisogna avere la fortuna di trovare un ambiente che ti permette di stare 15 anni in un posto e crescere anno dopo anno in una società ambiziosa e sempre al vertice. Se sei al meglio non cerchi altro. Alle vittorie non ci si abitua mai ed è sempre un bel ricordo che ti dà energia per trovare nuovi stimoli per tornare a vincere. La società è in continua evoluzione, per chi come me è qui da tanto tempo è un piacere vedere tutta la struttura della Juventus che anno dopo anno va avanti in continuo miglioramento”

LAUREA – “La matematica mi è sempre piaciuta. Sono uno di numeri e non di estro. Sono uno a cui piace ascoltare, sono un ottimo osservatore e cerco di capire velocemente. Questa cosa è la stessa sia in campo che fuori. Più difficile la laurea o marcare Ibra o Cavani? Non è stato facile marcare Ibra, anche Cristiano quand’è stato, o Cavani e così via. Lo studio però non è semplice. Perché alla tensione delle partite sei abituato, all’esame hai una doppia responsabilità. Prima di tutto passarlo, poi per la figura che sei devi stare un po’ più attento. Io sono sempre andato con un mese in più di preparazione. Mi preparavo, poi passavo un altro mese a ripassare per essere assolutamente sicuro. Non avrei mai accettato di fare figure barbine dove passi per un capello. Sono sempre andato sicuro di passare bene, poi potevo prendere 21, 25 o 30… se ne poteva parlare. Ma non sono andato mai per provare. Anche perché ti giochi anche la credibilità dentro l’ateneo. All’inizio ci sarà stato sicuramente un po’ di scetticismo ed è normale sia così, però piano piano sono riuscito a superare questo perché ogni volta che andavo ero preparato e affrontavo ogni esame con la massima serietà. Ho avuto un insegnante che mi ha seguito, tipo tutor, messo a disposizione dell’università. Mi aiutava a capire il programma di studio: magari avevo due mesi e potevo dare un esame con meno carico, magari per altri ci voleva più preparazione. Alcuni hanno bisogno di più tempo, altri non sono semplici e serve qualche lezione in più e io ho preso delle lezioni esterne”.​

GOL DI DESTRO – “Come mai segno di destro? Coordinazione, senso del gol. Cose che non studi, che vivi sul campo. Negli ultimi anni la maggior parte del gol sono arrivati infatti su seconde palle, da attaccante puro. Un po’ per le energie, che con l’età hai meno, gol di testa puliti ne ho fatti meno rispetto a quando ero più giovane. Avevo più esuberanza fisica, più energie, riuscivo ad attaccare di più. Alla fine se non ti muovi e non hai una certa forza i gol non li fai.. Il destro? Affinato. Gli ultimi gol li ho fatti quasi tutti di destro. E’ lavoro, ma più che lavoro è pensiero. Non ho avuto tempo ed energie per allenarmi a fine allenamento perché devo gestire le energie. Allenarmi, giocare, star bene. Durante l’allenamento se però devi fare 20 passaggi cerchi di farli bene. Perché un conto è fare le cose concentrato sul farle bene, un altro farle tanto per fare”.​

SEGNI PARTICOLARI – “Il turbante non me lo toglierò mai. Quello è perché metto la testa anche quando non dovrei, non riesco a togliermelo.Per fortuna non mi rompo il naso da una decina d’anni, e questo è positivo. King Kong? L’esultanza arrivata con gli amici storici di Livorno. Volevo qualcosa che mi caratterizzasse. Adriano faceva Hulk e non si poteva copiare. Alla fine ho deciso di fare King Kong che mi rappresenta”. ​

PRESENTE – “Vorrei vincere la stella di scudetti, poi possibilmente la Champions e l’Europeo. Se capitasse anche solo una di queste tre cose sarei molto contento. Se non capiterà sarò contento lo stesso. Credo che l’importante sia dare il massimo, in questo modo uno non avrà rimpianti. Poi chiaro, potessi rigiocherei tante partite, ma fa parte della vita, non solo del calcio. Da quel punto di vista non ho rimpianti, sono contento di quello che sto facendo. Ho ancora un paio di anni per vivermi delle sfide. Questo infortunio lo sto vivendo come una sfida per poi dimostrare che si può dare ancora tanto e godermi gli ultimi momenti di questa carriera. Devo ammettere che gli ultimi anni me li sto proprio godendo. Un po’ la maturità, un po’ i traguardi, le 500 partite con la Juve, la fascia da capitano della Juve, le 100 partite da capitano della Nazionale. Sono momenti storici. Alla fine le partite ogni 100 con la Juve sono sempre speciali. Peccato che alla 600 non ci arriviamo sicuro, non ce la posso fare… ma sono state belle e speciali. Quando me lo dissero prima di Juve-Atletico sapevo che lo sarebbe stata.”

GOL SALVATO – “Non ha eguali. Mi tornano in mente un paio di interventi in Juve-Monaco, uno contro il Tottenham, il City. Quegli interventi che pensi: ‘Ma come cavolo ha fatto?’ per un difensore non hanno uguali. Mai una gioia? No, ci sono. Solo che sei sempre in tensione, perché se fai nove cose bellissime e magari perdi l’attaccante all’ultimo secondo la tua partita è insufficiente. Se un attaccante fa due gol e ne sbaglia uno clamoroso ha comunque fatto due gol, noi anche se fai due salvataggi clamorosi, devi comunque portare la prestazione fino alla fine.” Ma nel frattempo, parlando di mercato, occhio a quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi. Solo colpi atomici, ecco la formazione del futuro: Paratici la sogna così!


Fonte: http://www.gazzetta.it/rss/serie-a.xml


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