Dopo un frenetico primo anno in America, Frank de Boer è tornato in Olanda. Per l’allenatore è tempo di guardare indietro e fare un bilancio della sua avventura nella MLS. “È stato un anno frenetico in America. Avevamo un programma incredibilmente intenso, con due gare e molti viaggi quasi ogni settimana. In America tutto è uno spettacolo. Prendi il modo in cui trattiamo i sostenitori dell’Atlanta United. Prima di ogni partita in casa, scendiamo dall’autobus vicino allo stadio in modo tale che i fan possano fare una foto con noi”, dice l’allenatore intervistato dal quotidiano Noordhollands Dagblad. “Sapevi che ad Atlanta avresti il tempo di costruire qualcosa?”, viene chiesto all’olandese. “Sì, quello era un motivo importante per scegliere questa avventura. Un allenatore ha bisogno di sei mesi per conoscere i suoi giocatori e viceversa. Sapevo che avrei avuto il tempo ad Atlanta“, la risposta di de Boer.
La sua avventura all’Inter non è andata come avrebbe voluto e a distanza di tre anni il rammarico è sempre presente nell’allenatore: “Perché non è scoppiato il finimondo dopo i primi mesi difficili? Perché l’Atlanta United è un club giovane, che esiste da pochi anni. E’ un club quasi senza storia, questo è un vantaggio. La quinta colonna gioca un ruolo enorme in un club come l’Inter: lì c’erano ex presidenti con potere che urlavano cose su di te sui media, un direttore tecnico influente, agenti che sono coinvolti, lo sai. Era come la politica. Quando alleni in un club del genere devi saper recitare diversi ruoli. Non è questo il mio punto di forza. Sono quello che vedi, sono sempre in buona fede“.
Non è un po’ ingenuo?
“Da un lato, ma dall’altro non voglio vedere un nemico dietro ogni albero. Nemmeno ora che ho avuto esperienze spiacevoli. Non voglio solo trattare con persone così”.
(Noordhollands Dagblad)