TORINO – Ha deciso di non farsi mancare proprio niente, Gianluca Petrachi. Nemmeno la confessione. Di aver lavorato da ds per la Roma quando ancora lo era – almeno contrattualmente – del Torino. Confessione un po’ anomala, va da sé, come anomalo è lui nella gestione dei compiti mediatici, delle urgenze dialettiche e degli affari diplomatici: cose dalle quali, non a caso, nei suoi quasi dieci anni di Toro si era sempre tenuto il più possibile alla larga, riuscendoci benissimo (o malissimo, a seconda dei punti di vista) e soprattutto volentieri. Non gli piace parlare, è a disagio sui palcoscenici, fatica – quand’è in diretta e non può tergiversare, né studiare una strategia autoprotettiva – a mettersi d’accordo con la parte verace di se stesso: quella che non sa mentire, o quantomeno non lo sa fare (a differenza di altri professionisti dell’eloquio) spacciando le bugie per verità.
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“Già a maggio trattavo Dzeko”. La ‘confessione’ di Petrachi a Roma dà ragione a Cairo
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