Milan e gloria
Per guardare bene il mondo bisogna posizionarsi alla distanza giusta: né troppo vicini, né troppo lontani. Oggi Andrés Guglielminpietro ha 45 anni e ha capito di essere stato un ragazzo bravo e fortunato. “Guly” è stato tenace: da piccolo cullava il sogno di diventare un calciatore e lo ha protetto per ventiquattro anni da chi voleva che magari seguisse altre strade. Nell’estate del 1998 ha salutato gli amici del Gimnasia La Plata ed è sbarcato in Italia. “Guly” ci ha messo il cuore e la testa, con cui ha segnato all’esordio a San Siro con la maglia del Milan contro il Perugia. La stessa squadra che ha colpito all’ultima giornata vincendo il primo scudetto in carriera. Nel 2001 è passato all’Inter e ha solo sfiorato la vittoria. Ma Milano e l’Italia continuano ad essere il suo posto preferito. Quello in cui sogna di portare un giorno i talenti argentini del futuro.
Andrés, che cosa fa oggi nella sua vita?
Faccio il procuratore, ho cominciato due anni fa. Lavoro con le persone che erano al fianco di Jorge Cyterszpiler, il primo agente di Maradona. Dopo la sua scomparsa, hanno aperto una nuova impresa e mi hanno chiesto se volessi lavorare insieme a loro dato che mi conoscevano da tanto tempo. All’inizio non ero convinto e ho fatto un po’ di fatica, oggi invece sono molto contento.
Si muove solo in Argentina oppure anche in Italia?
Faccio entrambe le cose. Mi piace tanto il mio nuovo lavoro. Sogno di portare giocatori in Italia, adesso non penso ad altro. Ancora non ci sono riuscito, ma sicuramente quel momento arriverà.
Dopo aver smesso di giocare ha fatto anche qualcosa che non riguardasse il calcio?
No, non ho mai lavorato fuori dal calcio. In Argentina ho due negozi di abbigliamento sportivo, ma sono solo un socio e non lavoro lì dentro.
Lei proviene da una famiglia agiata: come hanno preso la sua scelta di fare il calciatore?
Mio padre è ingegnere e voleva che studiassi. Ho due sorelle che fanno l’avvocato. Da piccolo mi è sempre piaciuto il calcio e la mia famiglia ha capito che potevo farcela. Mia madre ha spinto perché ci provassi, mio padre invece remava un po’ contro quando è arrivata la possibilità di giocare con una squadra professionista. Ho fatto questa scommessa e l’ho vinta.
Andrés, le manca l’Italia? Le è dispiaciuto averla lasciata?
Sì, ho ricordi bellissimi. Il valore delle cose si capisce bene solo quando uno le perde e sono lontane. Vengo in Italia spesso e ho ritrovato tanti amici che avevo lasciato. Vengo tre o quattro volte all’anno. Con alcuni giocatori italiani sono andato anche a giocare in Cina e sono in contatto costante con loro.
Come è stato arrivare in una squadra come il Milan?
È stato un passaggio importante per me. Sono passato da una piccola squadra dell’Argentina al Milan: il salto è stato molto grande. All’inizio è stata dura, ma ci si abitua velocemente alle cose belle e così è stato anche per me.
Lei in passato ha scherzato sulla lunghezza del suo cognome: Guglielminpietro…
Quando sono arrivato se ne parlava parecchio, ma quasi subito tutti hanno cominciato a chiamarmi tutti Guly come già altrove mi soprannominavano. Oppure mi chiamavano Andrés, nessuno mi chiamava Andrea.
Come è stato il suo rapporto con Zaccheroni? Inizialmente ha fatto fatica…
Sì, ho giocato solo la seconda parte del campionato: quell’anno abbiamo vinto lo scudetto. Ho giocato tanto anche nella stagione successiva. Tengo molto a Zaccheroni, è una persona che mi ha aiutato tanto. Non parlo con lui da un po’, l’ultima volta ci siamo sentiti due o tre anni però ho un grandissimo ricordo del mister.
Lei ha segnato al Perugia all’andata e al ritorno nella partita che vi ha fatto vincere lo scudetto…
Sì, all’andata ho fatto anche il cross vincente per Oliver Bierhoff e da quel momento in poi ho giocato sempre. Quel giorno è stato espulso Sebastiano Rossi, è entrato Christian Abbiati che è diventato il titolare e poi abbiamo vinto.
C’era un grande spogliatoio in quel Milan…
C’erano Costacurta, Albertini, Maldini, Boban, Leonardo e Weah. Con loro mi sono trovato benissimo. Poi sono arrivati Serginho e Gattuso. Sono stati anni veramente belli. Era una grandissima squadra, non era semplice stare lì e nemmeno giocare insieme a loro. Però uno realizza di esserci riuscito solamente dopo e questo è un errore.
Come vede il Milan di oggi?
Gli investimenti di oggi sono diversi da quelli che ci faceva nel calcio di allora. Alla società serviranno un po’ di anni prima di tornare in alto. Oggi l’Inter ha investito per Lukaku quello che il Milan ha speso in tutto il mercato: queste cose fanno la differenza. Le spese sono aumentate, il Milan non sta investendo come le altre e in campo si vede.
Che cosa possono dare Maldini e Boban al Milan di oggi?
Prima di tutto sono due persone molto intelligenti. Hanno bisogno di tempo di portare avanti il loro progetto, in queste situazione è fondamentale. Boban è arrivato qualche mese fa, Paolo fa il dirigente da un anno e mezzo. Entrambi hanno tanto da dare a una società così importante che conoscono molto bene. I tifosi devono fidarsi di loro, della loro esperienza e delle loro idee.
È rimasto in contatto con l’ambiente del Milan? Le piacerebbe ritornarci un giorno?
Sono in contatto con alcune persone che lavorano nel marketing e sento tanti giocatori: vado a trovarli spesso a Milano.