Chelsea e Sarri
Predestinato secondo molti fino a quando la buona sorte non si è presa gioco di lui. Samuele Dalla Bona è arrivato al Chelsea nell’ottobre 1998 all’età di 17 anni con una valigia carica di sogni: l’ex ragazzo prodigio delle giovanili è andato oltre La Manica diventando un paio d’anni dopo l’idolo dei tifosi dei Blues. Nell’estate 2002 ‘Sam’ però ha preso la porta scorrevole nel senso opposto tentando la fortuna col Milan di Carlo Ancelotti, quello che poi avrebbe vinto la Champions contro la Juve a Manchester. Dalla Bona ha fatto il suo, ma giocare insieme a gente come Pirlo, Seedorf e Gattuso ha finito per offuscarlo. Dal 2003 in poi il ragazzo classe 1981 di San Donà di Piave ha vagato come una trottola lungo la Penisola: Bologna, Lecce, Sampdoria e quindi Napoli, l’ultima squadra con cui è riuscito a togliersi qualche soddisfazione. Dalla Bona ha smesso col calcio giocato sette anni fa e nella sua seconda vita culla un grande sogno.
Sam, che cosa fa oggi? Le manca giocare a calcio?
Ovviamente sì. Guardo la Serie A e la Premier League, però non ho più lavorato nel calcio: ho avuto qualche proposta per entrare a far parte delle scuderie di alcuni procuratori, ma non se ne è fatto niente. Ho preso anche il patentino da allenatore Uefa B. In questo momento sono fuori dal calcio: lo seguo ancora, ma essere nell’ambiente è un’altra cosa.
Come è stato smettere di giocare?
Non è stato un bel momento. Quando ero al Chelsea parlavo spesso coi giocatori più grandi: Di Matteo era a fine carriera e mi aveva detto che smettere sarebbe stato difficile, però sono cose che capisci solo quando le tocchi con mano. Non è facile dire basta col calcio: la vita cambia improvvisamente. Quando sei un calciatore è tutto programmato, dagli allenamenti alle partite. Quando chiudi ti mancano subito adrenalina e tensione.
Lei era considerato un grande prospetto da ragazzo: che cosa non è andato nel verso giusto?
È una bella domanda… Quando ero al Chelsea gente come Marcel Desailly, Claudio Ranieri e Christian Panucci mi avevano detto che avrei dovuto continuare la mia carriera in Premier League e che se fossi tornato in Italia sarebbe stato diverso. In Inghilterra non ci sono né i ritiri né le contestazioni e ci sono tante rotture di scatole in meno. Però non potevo rifiutare il Milan: era troppo forte. Non so dire cosa non abbia funzionato. Sono arrivato al Milan troppo giovane forse: se in Italia non sei pronto si scatena l’inferno e ti mettono addosso un’etichetta difficile da togliere. Non ero Pirlo, ma penso di aver fatto il mio.
Quali sono le “rotture di scatole” del calcio italiano?
In Italia un giorno sei Dio, il giorno dopo sei scarso. In Premier andavamo in ritiro solo prima delle trasferte. In Inghilterra vivevo da calciatore di terza categoria, ma giocavo in Premier. In Italia invece c’è più pressione. Lo scorso anno mi sono stupito quando ho visto che i tifosi ce l’avevano con Sarri e che lo prendevano in giro: non avevo mai visto una cosa del genere ai miei tempi e il Chelsea di Ranieri certamente non era forte come quello di 2 o 3 anni fa.
Secondo lei Sarri al Chelsea ha fatto bene? Come lo vede oggi alla Juve?
Finché ha voluto fare la sua proposta di gioco non ha fatto bene: è andato avanti così fino a febbraio, poi si è adattato e sono arrivati i risultati. Secondo me alla Juve sta facendo la stessa cosa. Allegri ha sempre detto che con questa squadra non bisogna fare danni: anche io penso che ai calciatori della Juve non si debba insegnare come giocare. Secondo me non c’è stata nessuna rivoluzione, non ho visto il Sarriball: penso che si sta solo adattando alla Juve come aveva già fatto al Chelsea. Non lo vedo più sparare bordate come prima, oggi è più aziendalista. In passato Sarri si lamentava se giocava prima degli altri, adesso invece gli va bene: lo vedo molto più tranquillo di prima.
Lei è un grande tifoso della Juve: pensa che quest’anno arriverà la Champions?
Non so, ho qualche dubbio: la scelta della società di prendere di Sarri mi ha stupito molto. Nelle scorse stagioni con Allegri e prima con Conte ero tranquillo: mi sono sempre piaciuti entrambi. Quest’anno non sono sicuro nemmeno che vinceremo lo scudetto. Non so se la squadra ingranerà come vorrà Sarri. Poi la vedo dura perché Conte è Conte…
L’ha stupita l’arrivo di Conte all’Inter?
Sì e no… Ormai tutti vanno con tutti: anche Mourinho e Guardiola hanno cambiato un po’ di squadre. Mi fa strano vedere Conte all’Inter. Lui è un allenatore top perché è forte e si vede da come ha ribaltato la squadra in due mesi. Da tanto tempo non vedevo la squadra giocare come ha fatto col Barça in Champions: lì si è visto un salto di qualità.
Conte ha detto di essere è tornato in Italia perché provava nostalgia: lei si è pentito di averlo fatto?
Oggi dico che Ranieri aveva ragione quando mi ha sconsigliato di rientrare. Non mi spiego come mai Sarri e Conte abbiano avuto nostalgia dell’Italia: forse io non la provavo perché avevo 17 anni… I miei primi mesi a Londra sono stati duri perché non capivo bene la lingua, ma è stato un sogno per me. Magari potessi tornare indietro! Ho realizzato solo molti anni dopo il fatto di aver giocato col Chelsea: da ragazzo non sono riuscito ad apprezzarlo più di tanto.