TORINO – Abituato, dice lui (e non si fa fatica a credergli), a essere accolto con sospetto, ma anche avvezzo a far cambiare opinione a chi lo osserva. In particolare, ai tifosi della squadra e del club di cui è il dipendente numero uno: Empoli, Napoli e Londra hanno conosciuto Maurizio Sarri a fondo e in tutti i casi il tecnico non ha riscosso entusiasmi eccezionali al suo arrivo sulla piazza. La spiegazione? Eccola: «Sono abituato a vivere nello scetticismo, a Empoli venivo dalla serie C, al Napoli venivo dall’Empoli, al Chelsea dal Napoli. E lo scetticismo è stato amplificato perché due anni fa ero io il primo avversario della Juve». Poi, soltanto poi, il pensiero comune si trasforma, il ribaltamento è totale e l’allenatore nato a Bagnoli tra i fumi dell’Italsider ma cresciuto a Figline Valdarno diventa d’un tratto il pezzo forte dell’orchestra, il maestro, il direttore, il frontman di un complesso speciale. Come la , che si rinnova nel momento storico in cui ne ha più bisogno e per questo si affida al tecnico del bel gioco coniugato ai risultati. Il feeling tra il club bianconero e Sarri, ora, quasi si tocca con mano, a maggior ragione dopo la lezione data all’Inter di Conte a San Siro domenica sera.
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Sarri il conquistatore: ecco come l'allenatore ha convinto tutti
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