TORINO – C’è anche Lucio Ferramosca, papà di Alessio, il giovane giocatore della annegato nel dicembre 2006 nel laghetto di Vinovo (Torino), col compagno di squadra Riccardo Neri, tra i 38 indagati nell’ambito dell’inchiesta “” che nei giorni scorsi ha azzerato i vertici dei gruppi ultrà bianconeri. Secondo gli investigatori Ferramosca era vicino al presidente dei Drughi, Geraldo Mocciola, detto Dino, arrestato dalla Digos insieme ad altri cinque leader ultrà. Il nome di Ferramosca nell’ordinanza compare in una telefonata intercettata di Domenico Scarano, uno dei “colonnelli” di Mocciola, che si lamenta con lui perché il club concede solo 50 biglietti al gruppo per la partita con l’Ajax. Ferramosca è stato sottoposto a provvedimento di Daspo per cinque anni.
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Mocciola non risponde al giudice
Proprio oggi Mocciola, leader dei Drughi, detenuto nel carcere di Ivrea, si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice. Nei prossimi giorni il suo avvocato Giuseppe Del Sorbo presenterà istanza di scarcerazione al tribunale del riesame. Mocciola è indiziato di associazione a delinquere, estorsione tentata e consumata ai danni della Juventus, violenza privata aggravata e autoriciclaggio. A coordinare l’inchiesta della Digos è il pm Chiara Maina della procura di Torino.
La minaccia di un dossier segreto
Dagli atti dell’inchiesta sono emersi dettagli di alcune condotte di Mocciola: “Se ci denunciate per estorsione, noi divulghiamo un dossier segreto” è la minaccia fatta da Mocciola ad Alessandro D’Angelo, security manager bianconero, l’8 luglio 2019 durante un incontro in un bar di Torino. L’episodio è raccontato nelle carte dell’inchiesta ‘Last Banner’ che ha azzerato i vertici della curva bianconera. Il dossier, commissionato da Mocciola, sarebbe stato costruito da Raffaello Bucci, ex ultrà vicino ai Drughi e collaboratore della Juve, morto nel 2016 dopo essere precipitato dal viadotto dell’autostrada Torino-Savona a Fossano (Cuneo). Mocciola, nel fare riferimento alla sua morte come “suicidio”, svela a D’Angelo l’esistenza di intercettazioni ed esplicita la minaccia: “Se voi ci denunciate – avrebbe detto al security manager – noi porteremo questo materiale ai nostri avvocati”. D’Angelo, nel denunciare l’episodio alla Digos, dichiara: “Mocciola non ha precisato con chi fossero le telefonate, io ho pensato che fossero quelle fatte da Bucci con alcune persone del mondo Juventus”. Quell’incontro era stato voluto da Mocciola per ottenere 200 biglietti per le trasferte europee. Richiesta che D’Angelo aveva respinto.