Il 28 aprile del 2010 al Camp Nou l’Inter perde 1-0 ma resiste al Barcellona di Guardiola nel ritorno della semifinale di Champions e vola a Madrid per prendersi il Triplete. È la notte della folle corsa di Mourinho tra gli idranti, della “sceneggiata” di Busquets sull’espulsione di Thiago Motta, la storia di una “remuntada” fallita dopo il 3-1 dei nerazzurri a Milano. “Loro parlavano di vender cara la pelle, i miei hanno lasciato il sangue”
“A dónde vas, loco?“. Dove vuoi che vada, Victor… l’ha detto anche Fabio Caressa in tivù: “Chiamate subito l’agente immobiliare e prendete casa a Madrid, prendete casa a Madrid!”. Nessuno, nemmeno un guardameta di razza come Valdes riuscirà a “placcare” i sogni di gloria di quella scheggia impazzita che punta lassù, al suo popolo, 5mila anime in fiamme ingabbiate nel girone infernale del Camp Nou, 5mila cuori nerazzurri gonfi di lacrime e sudore nell’anello più sperduto del cielo catalano. Non saranno due gocce d’acqua a spegnere l’ardore di chi nel fuoco per lui s’immolava, lasciate sfogare gli idranti di tutta Barcellona, che piangano senza sosta. Non è José Mourinho, è Mister Fahrenheit di “Don’t stop me now”: viaggio alla velocità della luce/sto fluttuando in estasi/ sono un satellite fuori controllo/ una tigre che sfida le leggi di gravità, è la mia notte, non fermatemi ora, “I’m gonna go go go…“. L’Inter è in finale di Champions League a quasi trent’anni dall’ultima volta e l’allenatore portoghese corre e arde di piacere pregustando il Triplete: “È stata la sconfitta più bella della mia vita“, dirà dopo il tuffo a volo d’angelo nella “piscina” blaugrana, innaffiato a tradimento dai dispettosi giardinieri blaugrana. “Loro hanno creato un’atmosfera tesissima, sarà una storia da raccontare ai nipoti, sono successe cose assolutamente incredibili. Non hanno giocato con la loro forza, con il loro calcio, con la qualità del loro gioco, non c’è stato fair-play né dentro il campo, né fuori. Fino alle 4 del mattino – attacca – c’erano i fuochi d’artificio davanti al nostro albergo, abbiamo chiamato la polizia alle 23.30 ed è arrivata alle 3.30 del mattino. Addirittura a Eto’o hanno chiesto di pagare le tasse del 2005… Ma la mia è una squadra di eroi: loro parlavano di vendere cara la pelle, i miei hanno lasciato il sangue“.
Mourinho “placcato” da Valdes: ma è inarrestabile… – ©Getty
Samuel e Milito festeggiano sotto la pioggia… scatenata dagli idranti – ©Getty
“Remuntada”
Che poi gli spagnoli proprio tutti i torti non li avevano. I ragazzi di Pep Guardiola – che avevano già affrontato l’Inter nei gironi, 0-0 a San Siro e 2-0 per loro in Catalogna – erano arrabbiati per come era maturata la disfatta nella semifinale di andata: qualche decisione arbitrale discutibile, costretti a raggiungere Milano in pullman per la nube propagata dall’impronunciabile vulcano islandese Eyjafjallajokull che aveva convinto l’Enac a chiudere lo spazio aereo del Nord Italia. Così, chiamati a ribaltare un pesantissimo 3-1, i campioni d’Europa e del mondo in carica avevano lanciato una campagna mediatica senza precedenti: Messi, Piqué, Dani Alves, Iniesta, Xavi infiammano i tifosi culé al grido di “Remuntada“, “Pasaremos” e si tatuano – virtualmente – sul braccio la parola d’ordine della missione citata da Mou: “Ens hi deixarem la pell”, venderemo cara la pelle. Gli interisti rispondono in massa e invadono già nella mattinata del 28 aprile il Mare Magnum e la Barceloneta: pronti alla battaglia.
Il 28 aprile del 2010 una marea di tifosi interisti invade Barcellona
Il tattoo di Messi in catalano: “Venderemo cara la pelle”
L’arte di Busquets
Ma se al Meazza gli dei erano stati benevoli, nel match di ritorno nuvoloni e fulmini a ciel sereno si addensano fatalmente sui milanesi: nel riscaldamento Pandev si blocca e Mourinho è costretto a ridisegnare un 4-2-3-1 con Chivu interno di centrocampo. “Sarò sincero – chiarirà – non mi sono fidato di Balotelli. Non mi sembra pronto per una partita di questa importanza, sia tatticamente che dal punto di vista mentale”. A maggior ragione dopo la piazzata della maglia stracciata in faccia alla curva, nel match d’andata. Quindi il coup de théâtre del 27′, l’espulsione di Thiago Motta per una smanacciata a Busquets, svenuto sul palco. Sergione stramazza al suolo, ma è in coma vigile: agita le manine a tergicristallo che neanche James Tont (fu-fu!) e a “rosso” avvenuto riprende miracolosamente conoscenza. Lo Special One passa al 4-4-1, con Eto’o e Milito a pendolare sulle fasce come due terzini qualunque e Sneijder unico riferimento là davanti. Da lì a 5 minuti si materializza la parata del secolo di Julio Cesar sul sinistro a giro di Messi e ci prova anche Ibrahimovic, che in estate aveva scaricato l’Inter per vincere la Champions con il Barcellona: ma il treno dei desideri all’incontrario va.
La bolgia del Camp Nou al grido di “Remuntada”
La “sceneggiata” di Busquets che costa l’espulsione a Thiago Motta
Il fine giustifica i mezzi (di trasporto)
Nel frattempo l’area nerazzurra è diventata sul serio la Stazione Centrale: il diavolo di Setubal sussurra qualcosa all’orecchio di Guardiola (“Passiamo noi…”) e sistema il mitologico bus davanti alla porta. Applica la tattica del cerrojazo, chiude la saracinesca, ma non ditelo a Mourinho. “Era una partita dove io non volevo la palla: perché ci sono partite dove si vuole la palla, ma io non volevo la palla. Perché… il Barcellona vuole pressare la palla per fare il suo famoso tikitaka-takatiki-tikitaka… ma si noi non abbiamo palla como possono loro pressare?”. Alla vigilia della finale del 22 maggio al Bernabeu con il Bayern abbandonerà lo slang português e mezzo milanées e da pilota super navigato tradurrà il concetto in inglese, urbi et orbi, lieto di annunciare il decollo (plin-plon!): “We parked the plane, not the bus”.
Il portoghese provoca Guardiola, come a dire: “In finale ci andiamo noi…”
Destinazione paradiso
Neppure il tempo di allacciare le cinture di sicurezza che Piqué trova un buco per parcheggiare l’1-0 e dall’83’ al 94′ sarà ai limiti dell’agonico: da una parte Lucio, Samuel, Cambiasso, Pupi, Maicon, Muntari, Cordoba, Mariga (tutti!); dall’altra 11 + 80mila; il gol annullato a Bojan e i quattro interminabili minuti di recupero da perderci quei 7-8 anni di vita. Finalmente Massimo Moratti in tribuna può esultare: “È finita!”. Accarezza il presidente blaugrana Laporta, abbraccia la moglie e Marco Tronchetti Provera. Dalla bolgia del Camp Nou la marea nerazzurra si spande sulle Ramblas e schizza alla Malpensa, che accoglie capitan Zanetti e gli altri cavalieri che fecero l’impresa nel delirio più totale: “Ce ne andiamo a Madrid…”.
Fonte: http://sport.sky.it/rss/sport_calcio_champions-league.xml