I due vecchi compagni ricordano il trionfo del 2007 tredici anni dopo: “Al gol di Kuyt tornarono i fantasmi di Istanbul, fu una guerra di nervi”. E l’ex attaccante racconta un aneddoto su Ancelotti
Tredici anni fa si abbracciavano per il trionfo di Atene. 23 maggio 2007, il Milan si prende la rivincita sul Liverpool dopo la sconfitta di Istanbul di due anni prima e alza al cielo la sua ultima Champions League. Protagonista di quella cavalcata fu senza dubbi Kakà, che trascinò i rossoneri in finale con due grandi prestazioni contro il Manchester United. Ad Old Trafford segna due volte: “Il secondo gol lo considero uno dei più belli della mia carriera – ha ricordato lo stesso brasiliano ai canali ufficiali del Milan – però Rooney segnò il 3-2 all’ultimo minuto e vinsero loro. Al ritorno dovevamo per forza rimontare e li mettemmo subito sotto pressione. Molti la considerano la partita perfetta ed in effetti è stata una delle più belle della storia del club”. Una ventina di giorni dopo la finalissima contro il Liverpool appunto: “Un segno nel destino, non una semplice coincidenza – la descrive così Kakà – vendetta? No, non mi piace definirla in questo modo, è troppo. La squadra era diversa rispetto a due anni prima, non c’erano Sheva, Crespo e Stam. In più avevamo la paura che potessero batterci di nuovo. E’ stata una serata magica, meravigliosa. Passata alla storia“. All’82’ il Milan va sul 2-0 grazie ad Inzaghi, servito proprio dal brasiliano: “Poi all’89’ segna Kuyt e fu una sensazione terribile. Tornarono i fantasmi del 2005, divenne una guerra di nervi. C’era la sensazione che potessero rimontare un’altra volta, ricordo che il mio morale era davvero basso. Alla fine però ho vinto la mia prima Champions, realizzando un sogno”.
Inzaghi e l’aneddoto su Ancelotti
L’eroe della serata di Atene, tuttavia, fu Pippo Inzaghi, decisivo con una doppietta. Era mezzo stirato, con Gilardino pronto a prenderne il posto: “Dormivo da solo – ricorda l’ex attaccante – ero insopportabile in quel periodo. Un episodio particolare riguarda però un dopo cena in cui io andai in terrazza dopo aver bevuto il caffè e mi raggiunse Ancelotti dicendomi: ‘Ma credi davvero di non giocare domani?‘. Fui sbigottito e gli dissi: ‘Mister, faccia lei’. Sentiva che avrei potuto fare la differenza, aveva ragione”.
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