Saphir Taider è cresciuto calcisticamente in Italia: approdato al Bologna a soli 19 anni, a 21 vestiva già la maglia dell’Inter, salvo lasciarla dopo una sola stagione, per cambiare altre due volte casacca (Southampton e Sassuolo) prima di tornare nuovamente in Emilia Romagna.
Oggi Taider gioca da leader nel Montreal Impact, in Mls, squadra che ha sposato a soli 26 anni, diversamente da altri giocatori che dall’Europa scelgono la via degli States soltanto a fine carriera: “Ma non è campionato per ex giocatori: qui stanno attenti a tutto e mi diverto di più”, assicura Taider, contattato in esclusiva dalla redazione di Passioneinter.com.
Con lui abbiamo parlato della sua attuale vita fra Canada (dove vive ed ha sede la sua squadra) e gli Stati Uniti (la Mls comprende anche le squadre canadesi), ma anche di molti ricordi legati all’Italia ed all’Inter in particolare. Con i nerazzurri l’algerino ha giocato nella stagione 2013/14, in panchina sedeva Mazzarri ed in società avveniva, a novembre 2013, il passaggio di consegne fra Moratti e Thohir. Ma andiamo con ordine.
Saphir, innanzitutto come stai, com’è la situazione dalle tue parti, in Canada?
“Io sto bene per fortuna. La situazione è un po’ la stessa che c’è nella maggior parte dei paesi: restiamo chiusi in casa, ascoltando le notizie e gli aggiornamenti che arrivano”.
Partiamo dalla tua esperienza attuale, nel Montreal Impact, dove sei diventato il leader ed il capitano.
“Direi che sta andando tutto bene qui. La mia famiglia si trova bene e qui parlano tutti francese, quindi è molto più facile per noi. A livello calcistico poi mi diverto molto, anche se la gente pensa che la Mls sia un campionato per giocatori a fine carriera. Ma è un campionato che sta crescendo molto e sono molto attenti da tutti i punti di vista: stadi pieni, campi belli, centri sportivi moderni. Fanno tutto alla perfezione e soprattutto mi diverto, che è la cosa principale”.
Com’è essere allenati da una leggenda quale è Thierry Henry?
“Per il nostro campionato e per la nostra città è una cosa incredibile. Poi per me è ancora più facile con lui perché parla francese e conosce l’ambiente, il campionato. E’ stato un grandissimo calciatore. Con lui mi trovo benissimo, anche a livello umano. Siamo cresciuti alla stessa maniera, da un quartiere povero dove non avevamo niente. Ci dà tanti consigli come calciatori ma anche a livello umano”.
Che differenze trovi nella Mls rispetto alla Serie A?
“La cosa che mi piace è che il gioco è molto meno tattico. Puoi avere molte occasioni nel corso di una partita, le partite finiscono 5-3, 7-2… Non si giocano partite dove una squadra non fa vedere mai la palla all’altra. C’è un gioco sempre aperto e come centrocampista mi diverto molto ed in due anni ho fatto 20 gol e 20 assist. In Italia magari ci sono giocatori più forti, ma con gli spazi aperti le occasioni le devi creare e come centrocampista hai spazio per farlo e fare anche tanti gol”.
In Italia sei arrivato molto giovane, al Bologna. Che ricordo hai di questa città e dell’Italia in generale?
“Ho un ricordo davvero molto bello di Bologna, ho fatto sette stagioni lì arrivando a soli 18 anni. Ho avuto anche la fortuna di giocare partite importanti con uno stadio come San Siro pieno, non è una fortuna capitata a tutti! Poi ho imparato un’altra lingua ed un’altra cultura: il fatto di essere arrivato da voi così giovane, mi ha fatto crescere in fretta”.
Dopo poco tempo dal tuo arrivo in Italia arriva la chiamata dell’Inter. Ti ha sorpreso o le chiamate di Walter Mazzarri ti avevano già preparato all’offerta nerazzurra?
“Parlai soprattutto con Ausilio, ma ero consapevole che Mazzarri mi aveva esplicitamente chiesto e mi voleva nella squadra. Avevo 21 anni e ti devo dire che per me era una cosa normale. Perché ho sempre avuto in testa di giocare in una grande squadra ed arrivarci era una cosa quasi banale, non un sogno. Sono arrivato lì molto tranquillo e sereno. Ho provato a dare tutto, ma sai a volte nel calcio le cose cambiano ed uno può andare via per tanti motivi…”.
E come mai nonostante un buon anno a livello personale, fosti ceduto quello successivo?
“A 21 anni avevo giocato quasi tutte le partite della stagione, non è una cosa da poco. Però l’Inter aveva comprato altri giocatori, come Hernanes, Kondogbia, Mvila. Non lo so, forse puntavano su qualcos’altro. Potevo anche rimanere, ma sapevo già dall’inizio che avrei fatto fatica a giocare quindi ho preferito andare altrove e giocare”.
Qual è il ricordo più bello che hai all’Inter?
“Il derby d’Italia d’andata, quando abbiamo pareggiato contro la Juventus a San Siro ma facendo una bella partita. E poi il derby vinto contro il Milan con gran gol di tacco di Palacio. Momenti indimenticabili”.
Quell’anno c’erano molti grandi giocatori come Milito, Zanetti, Cambiasso, Samuel. Cosa vuol dire per un giovane potersi allenare con figure come le loro? Immagino che quando parlavano loro, in spogliatoio non volava una mosca…
“Persone straordinarie. A livello umano persone incredibili. Ho avuto anche la fortuna di andare a cena con Zanetti, perché condividevamo lo stesso procuratore. Sono esattamente uguali a come li vedi alla tv ed in partita: seri, dando sempre tutto. E’ stato un grande onore allenarmi e giocare vicino a loro”.
Quell’anno all’Inter arrivò anche un altro algerino: Belfodil. C’era curiosità ed attesa sia per lui che per Icardi, ma alla fine solo Mauro si è affermato a Milano.
“Guarda, non lo dico perché sono un suo connazionale, ma penso che avesse e tutt’ora abbia molte più qualità di Icardi dal punto di vista tecnico e fisico. Poi all’Inter hanno fatto una scelta diversa, non so perché, ma sai nel calcio non conta soltanto il campo. Per me Belfodil anche oggi che gioca in Germania è molto più forte di Mauro. E non si può parlare nemmeno di eventuali problemi di testa, perché lui è molto forte anche mentalmente. Ma nel calcio non sempre il migliore va più lontano. Poi certo, Icardi ha fatto cose incredibili con l’Inter”.
Quell’anno poi fu particolare anche per il passaggio di consegne fra Moratti e Thohir. Voi giocatori come avete vissuto quella situazione storica?
“Normale direi. Ho conosciuto prima Moratti e poi Thohir, ma essendo giovane non pensavo a queste cose, magari i più anziani del gruppo lo facevano. Io volevo solo mettere la maglia nerazzurra ed andare in campo per dare tutto. Hai la fortuna di giocare in una grande squadra, di prendere molti soldi seppur così giovane: a cos’altro devi pensare? Non posso dire che i fatti societari abbiano influenzato il nostro rendimento”.
Mazzarri però ha parlato diverse volte di questa cosa: forse anche per questi fatti societari non è riuscito a ricreare lo stesso gioco che aveva portato in alto il Napoli?
“Con lui ho sempre avuto un bel rapporto. Mi ha portato all’Inter e mi ha sempre dato fiducia, è una persona buona. Poi sai nel calcio, soprattutto nelle grandi squadre, se non vinci fai fatica a rimanere. In squadre come Inter, Juventus, Milan, Roma è la regola. Un allenatore al massimo ha due anni di vita al massimo, a me però è piaciuto averlo come tecnico”.
La redazione di Passioneinter.com ringrazia Saphir Taider per la cortesia e disponibilità.
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