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Albertosi: “Campionato da annullare. Mi sarebbe piaciuto giocare nel City”

Il 1970 è stato un suo anno migliore. Prima lo storico scudetto con il Cagliari, poi un meraviglioso secondo posto al Mondiale messicano con la perla della vittoria in semifinale contro la Germania per 4-3. Enrico Albertosi ha messo a disposizione di entrambe le cause le sue qualità tecniche migliori, uscendo a valanga sugli attaccanti lanciati a rete o sfruttando i suoi riflessi felini per neutralizzare i tiri diretti verso la porta. Una vita da portiere, fatta di giornate esaltanti, di prodezze capaci di strozzare in gola l’urlo di gioia degli avversari, ma anche di momenti complicati da cui rialzarsi con la classe e la grinta del campione. Grazie a questo mix di mentalità, tenacia e talento, Albertosi è entrato di diritto nella storia del calcio italiano. L’ex numero uno di Fiorentina, Cagliari e Milan si è raccontato ai nostri microfoni.

Albertosi, continua a far discutere la possibile ripartenza del campionato italiano. Qual è la sua idea?

“Secondo me dovrebbero fermare tutto e non assegnare lo scudetto. Non è più un campionato regolare, anche se poi riprenderanno sicuramente a giocare. Se continueranno il campionato, non sarà normale. E poi ci sono le coppe da giocare. Non sappiamo ancora quale sarà il calendario. Credo che non si possa giocare fino a luglio e poi riprendere il campionato. Non è fattibile”.

Lo stop potrebbe favorire una delle pretendenti al titolo?

“Potrebbe sicuramente avvantaggiare una delle tre. Fino al momento dello stop, la Lazio giocava con tranquillità e fiducia. Anche la Juventus vinceva, ma non convinceva. Ultimamente ha vinto diverse partite, ma non giocava bene. L’Inter difficilmente rientrerà nella lotta per lo scudetto, secondo me. E credo che lo scontro diretto a Torino tra Lazio e Juventus sarà decisivo. Per i biancocelesti sarà più complicato perché dovranno giocarsi una fetta di scudetto in trasferta”.

Parliamo di lei: sono trascorsi cinquant’anni dalla sua miglior stagione, con lo scudetto vinto col Cagliari e il secondo posto con la Nazionale italiana al Mondiale. Quali sono i suoi ricordi?

“È stato un anno incredibile. Nessuno avrebbe immaginato che potessimo vincere uno scudetto e invece dopo una grande cavalcata ce l’abbiamo fatta. Ricordiamoci che quel Cagliari ha dato i giocatori alla Nazionale del Mondiale. Giusto per spiegare quanto era forte quel gruppo. Abbiamo giocato un campionato del mondo eccezionale, concluso con un grande risultato”.

C’era un segreto alla base di quel gruppo storico?

“Eravamo tutti uniti. Non siamo partiti per arrivare in finale, ma solo per passare il primo turno. Era davvero il nostro obiettivo perché da diversi anni l’Italia non riusciva a superare la fase a gironi. Abbiamo segnato un gol in tre partite, ma ci è bastato per passare. Da lì ci siamo sbloccati. Per noi andava bene tutto, eravamo riusciti a superare le aspettative. Giocando con tranquillità siamo arrivati fino in fondo”.

È maggiore la soddisfazione per essere entrato nella leggenda con la vittoria sulla Germania per 4-3 o l’amarezza per la sconfitta in finale contro il Brasile?

“Vincere la finale sarebbe stato incredibile, anche se abbiamo trovato un Brasile stratosferico. Non credo che la Seleçao avrà mai una squadra così forte. Abbiamo perso, resistendo fino all’ultimo. Purtroppo il secondo gol ci ha tagliato le gambe e siamo crollati per la fatica dei supplementari contro la Germania. Il Brasile non aveva speso così tante energie nella semifinale contro l’Uruguay . E poi noi avevamo sempre giocato a 2000 metri di altitudine a differenza dei brasiliani. Quindi abbiamo accusato quella fatica proprio in finale”.

Lei crede che senza questi fattori la finale sarebbe andata diversamente?

“Ad armi pari credo che sarebbe stata una partita decisamente diversa. Sicuramente molto più equilibrata”.

Lei ha conquistato lo scudetto prima al Cagliari nel magico 1970 e poi al Milan nove anni più tardi. È davvero tanto diverso vincere un trofeo in una formazione outsider rispetto a una big?

“Sicuramente. Ho notato la differenza soprattutto per quanto riguarda la responsabilità. Essere nel Milan equivale a giocare per vincere il campionato. Nessuno chiedeva di fare lo stesso a Cagliari. In Sardegna abbiamo preso la consapevolezza di poter lottare per il vertice arrivando secondi l’anno prima dietro alla Fiorentina. Nel Milan, invece, si partiva sempre per vincere. E se non succedeva, le critiche erano piuttosto dure”.

Attualmente ai portieri si richiede una maggiore tecnica nell’utilizzo dei piedi per impostare l’azione. Le piace questa evoluzione del ruolo?

“Assolutamente sì. Io mi sarei trovato a nozze con questi cambiamenti. Già a quei tempi giocavo fuori dai pali e usavo spesso i piedi per anticipare nelle uscite gli avversari. Nelle partite d’allenamento giocavo in attacco. Avevo confidenza col pallone e mi piaceva stare fuori dai pali. A Cagliari non ce n’è stato bisogno per il tipo di gioco, mentre al Milan mi succedeva di giocare maggiormente alto. A volte prendevo i gol balordi, ma ho evitato tante situazioni complicate grazie al mio piazzamento. Nessuno ci faceva caso, ma giocando spesso fuori area, anticipavo continuamente l’avversario”.

Secondo lei, quale dei portieri attualmente in attività le assomiglia maggiormente?

“Quando ha iniziato a giocare avrei detto Gigi Buffon perché era spericolato. Anche Mattia Perin mi sembra un portiere di questo tipo. Forse in questo momento è lui quello che più mi somiglia”.

Restando sull’attualità, il Cagliari si era reso protagonista di un ottimo avvio, prima di calare drasticamente. Come valuta il suo percorso?

“Il Cagliari è partito benissimo e ha fatto punti che gli sono serviti per rimanere in alto. Poi è arrivato il calo. Secondo me non è partito per andare in coppa. In caso di ripresa del campionato, però, non avrà problemi a salvarsi”.

E lei che idea si è fatto della stagione del Milan?

“Il Milan in questi ultimi anni è pieno di traversie. Somiglia al ‘mio’ Milan, in cui cambiavamo presidente e allenatore ogni anno. E ovviamente c’erano sempre grossi problemi. Boban e Maldini non hanno dato continuità; il primo se n’è andato, il secondo potrebbe lasciare a sua volta. Spero che il Milan possa tornare quello di Sacchi, ma penso sia un percorso ancora lungo”.

Quale dei suoi ex compagni servirebbe al Milan per risollevarsi?

“Sicuramente Gigi Riva. Un attaccante del genere farebbe comodo”.

Se potesse tornare tra i pali, in quale squadra le piacerebbe giocare?

“Anche se quest’anno non ha fatto un campionato eccezionale, sceglierei il Manchester City di Guardiola proprio per il posizionamento avanzato. Sarebbe davvero divertente provare un simile sistema di gioco”.

Federico Mariani


Fonte: http://www.gazzetta.it/rss/serie-a.xml


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