di Luigi Furini –
Si giocherà il campionato a luglio e agosto. Che bello. Farà caldo e pazienza. Quest’anno si andrà poco in vacanza e, alla sera, staremo incollati davanti alla tivù. Con pizza e birra. Comunque, non è la prima volta. Era accaduto nel 1925 quando la finale per assegnare lo scudetto, fra Genoa e Bologna, era stata ripetuta cinque volte.
Questa la cronaca di quell’estate. L’estate di 95 anni fa.
Non esiste la regola dei calci di rigore e, in caso di pareggio, la finale deve essere ripetuta. Le due squadre si sono già incontrate due volte, senza un vincitore. La terza gara si gioca a Milano (campo neutro) il 7 giugno. Da Bologna i tifosi arrivano in treno, con in testa Leandro Arpinati, capo delle camicie nere, amico di Mussolini e futuro presidente del Coni. Alla fine del primo tempo il Genoa vince 2-0. A metà della ripresa ecco il giallo. Il Bologna tira in porta, il portiere respinge. L’arbitro assegna il calcio d’angolo. I fascisti in camicia nera invadono il campo: sostengono che il pallone sia entrato in porta e sia uscito sul fondo solo perché c’era un buco nella rete. L’arbitro cambia opinione e assegna il gol. Dopo un po’, il Bologna pareggia. Finisce 2-2. Il Genoa, per protesta, si rifiuta di giocare i supplementari e aspetta la partita vinta a tavolino per l’invasione di campo.
Così non è e la Federcalcio decide per la quarta finale. Campo neutro di Torino, il 5 luglio. Gli scontri fra tifosi cominciano alla stazione di Porta Nuova. Le cronache parlano di “parecchie revolverate”. Si gioca, ma finisce in parità. La quinta gara è fissata ancora a Torino, ma il prefetto nega il permesso: troppo pericoloso. Allora lo stratagemma. Mentre i giornali (che il regime controlla con il pugno di ferro) annunciano la gara a Torino, le due squadre vengono in effetti convocate a Milano. Si gioca alle 7,30 del mattino, in pieno agosto, in campo neutro, a porte chiuse, con il campo circondato da carabinieri a cavallo. Vince il Bologna 2-0. E’ la grande vittoria di Arpinati. A Genova ricordano ancora l’evento come ”il grande furto”. Il Genoa, che ha 9 scudetti, nel 1925, con il decimo tricolore avrebbe potuto fregiarsi della stella cucita sulla maglia. A Bologna, ancora oggi, parlano di quel gol sfuggito all’arbitro a causa del buco nella rete.
Arpinati, nel capoluogo emiliano, viene nominato podestà, iniziano i lavori per il nuovo stadio. Nell’ottobre 1926, nell’anniversario della marcia di Roma, Mussolini entra su un cavallo bianco a inaugurare lo stadio del Littoriale, “primo anfiteatro della rivoluzione fascista”. Sono passati quasi cento anni. Lo stadio è ancora quello. Soltanto negli anni ’60 l’hanno intitolato a Renato Dall’Ara, presidente dello scudetto del 1964. Di Mussolini a cavallo è rimasta una statuetta in bronzo.