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Conte, i motivi dello sfogo contro Marotta e le condizioni per restare

Un presidente presente come era Andrea Agnelli, una comunicazione istituzionale più efficace che dia protezione a lui e alla squadra, un mercato condiviso e una società in cui prevalga il “noi”, piuttosto che l’io. Nel day after nerazzurro, Antonio Conte ha messo sul piatto le condizioni per restare. A Bergamo, le aveva urlate a microfoni unificati dopo aver visto Beppe Marotta comparire – a sorpresa – davanti ai microfoni per complimentarsi un po’ con tutti per il bel risultato ottenuto in campionato (2° posto, come non accadeva dal 2011, con 82 punti, quanti fatti da José Mourinho nella stagione del Triplete). Le buone intenzioni dell’amministratore delegato e il suo ecumenismo evidentemente hanno irritato Conte («Oggi ho visto gente salire sul carro e secondo me tanta gente oggi sul carro non ci doveva salire»). Il motivo dello sfogo potrebbe essere ricercato nel dubbio che, nel caso in cui l’Inter non avesse vinto o, ancora peggio, avesse perso a Bergamo, nessuno ci avrebbe messo la faccia eccetto lui: «La gente deve starci sempre sul carro, nei momenti positivi e negativi. Qui all’Inter non è successo questo».

I DIRITTI DI UN AD

All’allenatore sfugge però un piccolo particolare: in qualsiasi azienda – non solo nel mondo del calcio – esiste una gerarchia. E l’amministratore delegato è liberissimo di fare il bilancio della situazione in qualsiasi momento, ancor più – restando all’ambito calcistico – alla fine di un campionato comunque importante nel processo di crescita del club. Conte – convinto che sarebbe finito allo spiedo nel caso in cui l’Inter avesse perso – probabilmente non ha gradito che, ai suoi occhi, i meriti per il 2° posto sia andati a prenderseli Marotta. Ma a Bergamo è andato oltre, esternando tutto il suo malumore per l’assenza di Steven Zhang che peraltro, al termine della gara, si è immediatamente complimentato con il mondo Inter («Ottimo lavoro di tutti»). Peccato l’abbia fatto attraverso una story su Instagram e non di persona come invece vorrebbe Conte, abituato, ai tempi della Juventus, ad avere un confronto quasi giornaliero con Agnelli. La Juve – non è un segreto – è la stella polare dell’allenatore, il modello a cui aspirare e da cui imparare.

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Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a


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