L’ultima volta si erano incrociati a San Siro, otto mesi fa, semifinale d’andata di Coppa Italia: Milan in vantaggio con Rebic, Juve che pareggia al 91’ con Ronaldo su rigore, Ibrahimovic ammonito e costretto a saltare la gara di ritorno perché era diffidato. La prossima sfida la porterà la Befana, il 6 gennaio 2021. Nell’attesa, il trentacinquenne Cristiano e il trentanovenne Zlatan sono protagonisti più che mai di un duello fra Immortali del calcio che entusiasma, intriga, appassiona.
La doppietta del cinque volte Pallone d’Oro ha rilanciato la Juve e ha messo la sordina alle critiche improvvide e ingenerose rivolte a Pirlo, come se non avesse diritto al rodaggio il debuttante assoluto sulla panchina della squadra che ha vinto gli ultimi 9 scudetti e per un mese, fra gli altri, non ha avuto a sua disposizione il Signor 70 gol segnati in 92 presenze bianconere. C’è di più: c’è la spettacolare reazione sul campo, degna del Re del Pallone non appena questi è rientrato in scena. Durante la sosta forzata a causa della positività, Cristiano ha dovuto sopportare malignità gratuite e polemiche demagogiche, alimentate da dilettanti della politica e manifestamente del protocollo ignoranti, nell’accezione etimologica del termine: per un minuto di notorietà, essi sono sempre pronti a sparare scemenze dal sicuro effetto boomerang. “Mi sento come una belva in gabbia”, aveva confidato Ronaldo martedì scorso, quando il tampone pre Barcellona era risultato positivo, impedendogli di affrontare Messi. A Cesena si è visto quanta voglia di giocare e di segnare abbia in corpo e siamo solo all’inizio. Vedendolo segnare il suo primo gol allo Spezia ho ripensato a ciò che Javier Tebas, presidente della Liga spagnola, mi ha risposto giovedì scorso, durante SportLab, quando gli ho chiesto se desiderasse il ritorno di CR7 in Spagna. “E chi non lo desidererebbe?”, ha replicato Tebas con un sorriso.
Anche Ibrahimovic ha dovuto fare i conti con la quarantena ed è tornato più forte di prima. Il rendimento dello svedese è impressionante. Egli aveva impresso la sterzata all’ultima stagione milanista sin dal suo rientro in rossonero, ufficializzato il 2 gennaio scorso. La partenza nel nuovo campionato è stata semplicemente strepitosa e rispecchia l’inarrestabile andatura della squadra di Pioli che demolisce un record dopo l’altro, non perde da 24 partite, comanda la Serie A e il girone di Europa League sotto la spinta propulsiva di un gruppo che risulta essere il più giovane delle competizioni continentali. Come non ricordare che, se fosse arrivato Rangnick, secondo i suoi piani il primo a partire sarebbe dovuto essere Ibrahimovic? Così parlò il 20 agosto scorso alla Gazzetta dello Sport: “Non è nel mio stile insistere su giocatori di 38 anni, non perché non siano abbastanza bravi e Ibra certamente lo è, ma preferisco creare valore e sviluppare talento. Per me ha poco senso puntare su Ibrahimovic o su Kjaer…” (che di anni, peraltro ne ha 31). Rangnick chi?