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Grande Torino, sul colle di Superga un vuoto irreale

Ci sentivamo dei tristi privilegiati, nel primo pomeriggio, mentre percorrevamo in auto il lungofiume, a Torino. Privilegiati non perché, addì 4 maggio 2020, primo giorno di semi-libertà negli spostamenti, fossimo lontano da casa: mica soltanto noi, ieri, eravamo tornati a riveder le stelle, diciamo così, da un’altra prospettiva che non fosse soltanto quella di un balcone. Ci sentivamo dei tristi privilegiati per un ben altro motivo specifico: perché sul sedile a fianco era appoggiato, vicino a un paio di guanti usa e getta e alla mascherina d’ordinanza, anche un foglio di carta. L’avevamo stampato al mattino. Era l’allegato di una e-mail. Era il cosiddetto ordine di servizio stilato dal direttore. L’incarico? Seguire la cronaca degli eventi, attorno alla memoria del Grande Torino. Il presente, cioè, attorno al passato di 71 anni fa. Un ordine di servizio, sì: in tempi normali, una cosa semplicemente ovvia per un giornalista.

La ricorrenza più irreale

Ma in tempi di coronavirus nulla può essere dato per scontato: figuratevi la ricorrenza del 4 maggio granata più irreale del mondo, in 70 anni di celebrazioni! Senza cerimonie pubbliche, popolari. Senza assembramenti organizzati. Tutto vietato, giustamente, comprensibilmente. Ma che tristezza aggiunta per i cuori granata di tutti noi, cuori granata. Per questo ci sentivamo privilegiati: nonostante tutto, stavamo andando a Superga. Rispettando le leggi, le norme: diritto di cronaca, espletamento del nostro lavoro di giornalisti. E in auto, senza nemmeno dover tentare di arrivarci in bici o a piedi, aggredendo un tragitto faticosissimo di 5 chilometri tutti in salita: l’unica condizione possibile per tutti gli altri, a parte quei casi speciali con preventivo via libera delle forze dell’ordine. Vedi la salita in auto, al mattino, dei vertici del club granata con alcuni parenti del Grande Torino: la signora Susanna Egri, figlia del dt; e poi Gigi e Guglielmo Gabetto e Franco Ossola, rispettivamente figlio e nipote del centravanti e figlio del compagno d’attacco. Per sentirci comunque il più possibile vicini a tutti i tifosi granata, poi, sempre nel rispetto delle normative Covid, il nostro giornale aveva deciso di non “sfruttare” quel diritto di cronaca per deporre, come tutti gli anni ogni 4 maggio, fiori davanti alla lapide: là dove sono riportati i nomi di tutti i 31 caduti, compreso quello di Renato Casalbore, fondatore e primo direttore di Tuttosport. Ci eravamo detti, per tempo: meglio rinviare questo doveroso tributo a un’altra giornata che sicuramente arriverà, così davvero da non indossare i panni del privilegio nel ricordo degli Angeli di Superga anche soltanto “attraverso” un mazzo di fiori. Ci siamo, come dire, censurati, e ovviamente a malincuore: ma lo abbiamo fatto proprio per rispettare, anche nei simboli, la democrazia del ricordo popolare. Noi di Tuttosport, come tutti i Toro Club d’Italia e del mondo. Come tutti i tifosi soliti a salire a Superga il 4 maggio a migliaia: e vogliamo domandarci quanto desiderassero anche loro, ieri, deporre un fiore? E quanto abbiano patito, a non poter farlo? Noi di Tuttosport, come tutti. Anche come voi, che ora leggete queste righe. Ma sappiate, e sappiatelo bene, che quando siamo arrivati davanti alla lapide ne abbiamo visti ugualmente a decine, di mazzi di fiori. Li abbiamo visti nello spirito: sappiatelo, sì. E c’erano tutti, i fiori: anche i nostri, di Tuttosport, e i vostri. Perché c’eravate anche voi, lassù a Superga, ieri.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a


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