Dario Hübner, per tutti Tatanka. Un vero e proprio mito del calcio italiano a cavallo tra anni Novanta e nuovo millennio, il più celebre e amato dei bomber di provincia. Uno che ha sempre segnato tanto, dovunque è andato, togliendosi persino la soddisfazione di diventare capocannoniere di una Serie A, quella 2001/02, in cui giocavano Bobo Vieri, Vincenzo Montella e David Trezeguet. La sua storia, fatta di pallone, di sigarette e di grappa, la racconta in un libro, con un titolo che più adatto non si può: “Mi chiamavano Tatanka”. E in un’intervista a Quotidiano.net, l’ex bomber di Brescia, Piacenza e Cesena tira fuori qualche aneddoto davvero speciale.
GRAPPA – Come quando fece conoscere un classico della sua terra, il Friuli Venezia-Giulia, al più improbabile dei compagni di squadra. Nel Perugia di Cosmi, Hübner condivide lo spogliatoio con Saadi Gheddafi e gli fa scoprire la grappa. “Ogni tanto nei ritiri la bevevo. Una volta lui si avvicinò pensando fosse caffè: gliela feci assaggiare e apprezzò. Quando giocavamo vicino a Trieste, mio padre veniva a portarmi stecche di sigarette e grappa fatta in casa. Così a Udine regalai una bottiglia molto forte a Saadi. Il martedì era in ritardo all’allenamento. Mi chiesi se gli avesse fatto male la mia grappa. Poco dopo entrò in spogliatoio: ‘Mister Hubner, very good, grazie!’”.
SIGARETTE – Una storia che forse farebbe rabbrividire i guru del calcio moderno e dell’attenzione maniacale all’alimentazione e alla cura del corpo. Ma del resto, la storia di Hübner è sempre stata quella. Calcio, qualche bicchiere e tante, tantissime sigarette. Ovunque, persino nei bagni degli spogliatoi, quando la tensione era troppo forte. Ma questo non gli ha impedito di diventare Tatanka. “Fumavo almeno 20-25 Marlboro al giorno alla luce del sole. Mai nessun allenatore ha provato a farmi smettere, a loro importava che mi impegnassi in campo. Facevo tanto sport e una vita regolare: questo mi ha salvato. E adesso fumo quelle elettroniche”. Chissà se con quelle sarebbero arrivati così tanti gol…