Lo spogliatoio? Meglio restarci il meno possibile. Cambi a gruppi, riserve in tribuna, docce a due metri o a casa, e la necessità di evitare nuovi casi di positività
Settantadue anni fa Italo Calvino raccontò un’Italia-Inghilterra senza entrare nello stadio. Una specie di calcio a occhi chiusi: ascoltato, immaginato, ipotizzato. Dal 20 giugno – o dal 12-13, Coppa Italia – anche la sua fantasia farebbe però tanta fatica. Oltre agli occhi si chiudono pure le porte. Il calcio sarà un altro calcio. Il pallone rimbalzerà fra vuoto e silenzio. Ce ne sarebbe abbastanza, sempre per stare a Calvino, per pensare a questo stadio che vivremo, anzi vedremo (in tv), come a un’altra delle sue città invisibili. Anche perché per queste partite andrà in giro pure un fantasma. Il fantasma che è un po’ la nostra vita di questi mesi tragici: la distanza. Perché in fondo siamo stati e in qualche modo saremo questo almeno per un po’: fuggire, scappare. Dal contagio, cioè soprattutto dalle persone.