In un gruppo che ha poca abitudine alle sfide a eliminazione, Conte ha recuperato Diego e la sua esperienza di due finali vinte. E come “pesano” anche i precedenti successi dei due ex Premier
In quello che sarebbe passato alle cronache interiste come lo “sfogo di Dortmund”, una delle tappe dialettiche centrali dell’anno di Conte sulla panchina interista, Antonio disse: “Stiamo parlando di giocatori che, Godin a parte, non hanno vinto niente. In situazioni del genere (gare decisive europee, ndr) a chi chiediamo aiuto?”. Sono passati nove mesi, il momento di appellarsi ai vincenti è arrivato, l’aiuto anche, seppur non nella misura e dalle fattezze (con cresta) che avrebbe voluto il tecnico. Il mercato invernale portò compagnia a Diego lo Sceriffo, ora non più il solo a conoscere la sensazione di una festa europea.
Godin, Moses, Young: sono i tre che conoscono la strada, sono i tre che hanno già vinto un’Europa League, coppa che – fa sempre bene ricordarlo di fronte a un certo snobismo italico – nessun club di Serie A ha vinto, da quando si chiama così (2009) e in generale in questo millennio (ultima vittoria Parma 1999). Sono anche vittorie recenti, le ultime tre edizioni, se vogliamo contare la comparsata di Moses (ci torneremo): sono cinque trofei in tre. Certo, centrate con percorsi diversi, con stadi pieni e gare di andata e ritorno, ma l’abitudine a giocare gare del genere resta quella, e non si insegna. E se Young da quando è arrivato è sempre stato titolare e punto di forza, il recupero a tempo pieno di Godin proprio per questa fase è il segno di quanto l’esperienza e la leadership siano considerati fattori determinanti in tempi di “dentro o fuori”. Col Getafe del trio dei “vincenti” è rimasto in panchina solo Moses, per motivi prevalentemente tattici e di equilibri.
Cholismo e vittorie
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“Conosco la strada, è una competizione che mi ha dato tanto”: è stato lo stesso Diego Godin a porsi come guida per questa avventura europea: lui l’ha vinta due volte, tutte da protagonista. La prima nel 2011-12 ed era il secondo successo dell’Atletico Madrid, ma il primo del ciclo di Simeone, che due anni dopo avrebbe portato alla clamorosa Liga e alla finale di Champions. Il gruppo del Cholo prese confidenza con la vittoria in quell’ultimo atto con l’Athletic, continuò col Chelsea e in Supercoppa e poi si proiettò in un’altra dimensione. Tornò su quegli schermi anni dopo, nel 2018-19, arrivandoci dalla Champions e vincendo contro il Marsiglia. Gabi era il capitano, ma Godin era già un monumento colchonero. Status e certezze che ha messo in gioco trasferendosi a Milano: è stata più dura del previsto, bisogna ammetterlo, ma quella mano col Getafe passata indenne potrebbe essere un segno. Le conferme, invece, arrivano dalla ritrovata fiducia di Conte.