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Juve, ecco cosa Dybala può chiedere a Del Piero (facendogli gli auguri)

Care amiche e cari amici di Tuttosport,

visto che Paulo Dybala gli manderà certamente un messaggio di auguri per il suo compleanno, potrebbe anche chiedere ad Alessandro Del Piero come si fa. Da numero 10 a numero 10, da tenutario della maglia più importante e prestigiosa della Juventus a chi l’ha gloriosamente vestita prima di lui. Ed è passato per periodi duri, durissimi e per certi versi molto simili a quello che sta vivendo Paulo in questo momento. «Ciao Alex, auguri! Ma come si fa in questi casi?».

Passo indietro. Molto indietro. Siamo nell’autunno del 1999, più precisamente il 14 ottobre. Tuttosport titola: «Del Piero, un caso!». Lo stesso titolo della prima pagina di oggi, ventuno anni dopo e Dybala come protagonista. All’epoca, Del Piero stava lottando con i postumi del suo grave infortunio del novembre 1998 (rottura dei legamenti del ginocchio): era tornato in agosto, ma dopo i primi incoraggianti segnali, si era impantanato. Fisicamente era a posto: reggeva i novanta minuti, non aveva problemi muscolari, si allenava con regolarità. Ma aveva perso la magia dei suoi tocchi, l’esplosività di certi scatti, l’agilità di certi dribbling: sembrava quasi essere diventato un giocatore normale. Intanto il suo umore stava attorcigliandosi in una spirale negativa di dubbi, insicurezza e rabbia per le critiche (alcune sicuramente feroci, altre fors’anche ingiuste). Al suo fianco c’era Carlo Ancelotti, ostinato fino alla cocciutaggine nel confermarlo fra i titolari, convinto che il recupero del campione doveva passare per forza dal campo e incurante di beccarsi, pure lui, le critiche di chi riteneva controproducente questa cieca perseveranza.

Non era stata una cosa breve, perché a quel 14 ottobre erano seguite altre partite opache, prestazioni mediocri, mesi non all’altezza dello standard che Del Piero aveva fissato nella testa di chiunque l’avesse visto giocare prima dell’infortunio. La stagione si era conclusa con 34 presenze in campionato, 9 gol gol di cui solo uno su azione, gli altri tutti su rigore. E il campionato si era concluso nella palude di Perugia, sulla quale l’ineffabile Collina volle comunque fare disputare la partita della Juventus, che perse lo scudetto all’ultima giornata. La profonda amarezza di quell’epilogo sembra la chiosa più coerente alla stagione di Del Piero, protagonista, di lì a pochi mesi della finale dell‘Europeo 2000 contro la Francia. Finale nella quale sbagliò un gol abbastanza facile che forse avrebbe potuto evitare la clamorosa rimonta della Francia e il golden gol di Trezeguet, curiosamente diventato poi il suo partner preferito. In agosto, a Villar Perosa, l’avvocato Agnelli lo aveva addirittura preso bonariamente in giro, affibbiandogli il soprannome di «Godot», riferendosi al titolo della commedia di Beckett «Aspettando Godot» dove, appunto, tutti aspettano il protagonista.

Godot, però, era poi arrivato cambiando il finale di Beckett. Nessuno ha mai veramente capito cosa fosse successo a Del Piero. Dove fosse finita la magia in quei mesi, al di là del difficile ritorno da un grave infortunio. E nessuno riuscirà mai a spiegare con esattezza quando e come si è innescato il processo di resurrezione del fenomenale campione bianconero. E’ successo e basta. Già nel corso della stagione successiva, ancora con Ancelotti in panchina, Del Piero si era avvicinato ai suoi standard. Poi con il ritorno di Lippi, Alex si era ripreso tutto: lo scudetto del cinque maggio e il palcoscenico europeo con le meraviglie contro il Real e altre perle europee. Il resto è cronaca, anzi leggenda visto che è il giocatore con più presenze e più gol di 123 anni di storia juventina. Il primo messaggio al collega Dybala potrebbe, dunque, essere: «Tranquillo, dall’inferno si torna». E forse Dybala non è neppure all’inferno. Sembra più che altro in un purgatorio di apatia e malumori.

L’infortunio dal quale è reduce non è grave come quello di Del Piero. Uno stiramento che non dovrebbe aver intaccato nulla nelle sue potenzialità atletiche. Certo, la forma fisica in questo momento è palesemente in ritardo, ma è recuperabile: Dybala ha davanti a sé due settimane senza partite e con la possibilità di allenarsi con la necessaria continuità. Una buona condizione atletica dispensa sempre le endorfine che possono rimettere in circolo un po’ di buon umore (ne ha bisogno Dybala). Ma dovrà anche lavorare un po’ su se stesso e sulla condizione psicologica: il nervosismo di Crotone, culminato nello scontro con Paratici, e l’apatia agonistica di ieri sono segnali preoccupanti. Certamente non può essere entusiasta di come si stanno evolvendo le cose nella Juventus di questa stagione: Ronaldo lo tiene fuori solo il Covid (e ha già dato), l’altro posto disponibile se l’è preso Morata e, da come ha giocato anche ieri, sembra molto difficile strapparglielo. L’ipotesi tridente non è nei progetti tattici di Pirlo, che oltretutto non ritiene Dybala in grado di svolgere i compiti di Ramsey (almeno questo Dybala, così indietro nella forma). Quindi per la Joya si prospetta il ruolo di vice Ronaldo o vice Morata, comunque vice. Per chi porta il numero dieci sulla schiena ed è sempre il più amato dai tifosi è qualcosa difficile da digerire.

Ma, a questo punto, Dybala è a un bivio della sua carriera: o risorge come campione, mettendo in crisi le scelte di Pirlo con prestazioni all’altezza, applicazione e determinazione agonistica. O rischia un‘involuzione pericolosa per lui e per la Juventus, che su di lui ha investito molto. Del Piero, in quel difficile periodo della sua carriera, aveva riscoperto la voglia di soffrire e allenarsi degli esordi. La storia di Dybala racconta di un adolescente la cui maturazione è stata accelerata proprio dai dolori e dalle difficoltà, con le quali ha costruito il suo carattere e ha cesellato il suo talento. La strada la conosce, deve solo intraprenderla.

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Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a


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