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Nicola Amoruso: “Lazio come il Leicester. Ma per il titolo dico Juve o Inter”

Di Federico Mariani

La volata scudetto entra nel vivo. Lazio, Juventus e Inter si daranno battaglia per conquistare il titolo di campione d’Italia. A tutte farebbe certamente comodo avere un Nicola Amoruso in campo. Da giocatore, l’ex attaccante di Cerignola, in provincia di Foggia, è sempre stato un esperto di volate per l’assegnazione del tricolore. Con la Juventus di Marcello Lippi ha conquistato tre scudetti, uno contro il Parma e due ai danni dell’Inter guidata da Ronaldo. E, anche quando non si è trovato in lizza per la vittoria finale, si è trovato a far da arbitro della contesa, come accaduto al suo Perugia nel 2000. Cinismo e freddezza sotto porta da giocatore, attenzione ai minimi particolari nella sua nuova vita. Nicola si racconta ai nostri microfoni.

Nicola, dopo aver lasciato il calcio giocato, sei rimasto legato al mondo del pallone.

“Certo, ora seguo i ragazzi come intermediario per i procuratori. Faccio l’osservatore. È un lavoro che svolgo ormai da un paio d’anni”.

Cosa ti piace particolarmente di questa professione?

“Mi piace molto la ricerca dei profili giusti, trovare quei giocatori con le caratteristiche ideali”.

Cerchi di trasmettere qualcosa ai tuoi assistiti?

“Cerco di insegnare loro l’importanza della professionalità, le regole e il rispetto verso un gioco che potrebbe diventare un lavoro. Bisogna avere capacità tecniche precise da abbinare a uno stile di vita da rispettare. Ci sono dettagli importantissimi da curare a partire dall’alimentazione”.

Ti è mai capitato di dover fare da pompiere per riportare sulla terra i tuoi assistiti dopo una bella prestazione?

“È cambiato il calcio. Ora i social hanno cambiato tutto. Se un ragazzo fa una partita buona, subito si sente campione. I social fanno questo: mettono in evidenza tutto, anche solo un piccolo gesto tecnico. Questo può deviare la loro attenzione dai particolari più importanti. E allora tocca a me dover fare da pompiere (ride ndr.)”.

Rapportandoti a questi ragazzi, noti grandi differenze rispetto a quando tu avevi la loro età?

“Quando si è ragazzi ci sono regole per dare equilibrio. È importante cercare di educare. Quando ero alla Sampdoria c’erano tantissime regole da seguire. Credo che la differenza principale riguardi l’impatto con la prima squadra. Quando sono entrato nel gruppo dei grandi si cercava di ascoltare tutto in silenzio. Ora è più difficile che accada. Inoltre quella Sampdoria era un gruppo fantastico, capace di vincere contro squadre eccezionali”.

Sei diventato uno dei punti di forza della Juventus di Marcello Lippi. Trovi delle somiglianze con la squadra dominatrice degli ultimi otto scudetti?

“È un paragone difficile, erano tempi diversi. La Juventus in cui ho giocato io aveva vinto la Champions e c’era una maggiore difficoltà nel conquistare un trofeo. Inoltre, negli ultimi anni, le avversarie erano molto indietro. Ora vedo che l’Inter si sta ricostruendo, anche se rimane il gap con la Juve. Prima c’erano tante grandissime squadre, dalla Roma di Totti e Batistuta al Parma. Sapevi che ogni partita era molto complicata”.

Secondo te, come si spiega questo tracollo del calcio italiano?

“Le società sono cresciute poco. Non si sono strutturate. All’estero, invece, la crescita è stata notevole, con grossi investimenti, specialmente nel  merchandising. Per tre anni abbiamo perso tempo. Ora con l’arrivo di Cristiano Ronaldo sembra che si sia invertita la rotta”.

Quest’anno la lotta scudetto è particolarmente intensa. Qual è la tua impressione?

“Ho l’impressione che il campionato dipenda tutto dalla Juventus. Certo, ora c’è un’Inter agguerrita, che si sta rivelando una rivale più consistente. Ma il gap resta evidente. La Juve ha qualcosa in più dell’Inter in termini di rosa. La Lazio mi sembra il Leicester che è cresciuto negli anni, ma onestamente alla lunga lascerà qualcosa in campo. Ovviamente è una mia impressione. Il calcio è imprevedibile e ci può stare anche la sorpresa. Sarà determinante l’esperienza nel gestire la pressione e nel lottare su alti livelli. E per questo motivo vedo favorita la Juve”.

Curiosamente, tu hai vinto tre scudetti con la Juventus, ma eri in campo da avversario nel memorabile diluvio di Perugia che costò il titolo ai bianconeri.

“Sì, anche se non ho un buon ricordo di quella giornata perché mi infortunai dopo 10 minuti nella ripresa. La Juventus sbagliò diversi gol, mentre il Perugia fece la sua partita”.

Juventus-Inter è la partita scudetto o mancano ancora troppe gare?

“Mancano ancora tante partite, ma chi ha da guadagnarci è l’Inter: in questa occasione un eventuale successo dei nerazzurri può valere molto”.

Hai vestito anche la maglia del Napoli. Come valuti la stagione degli azzurri, deludenti in campionato, ma scatenati nelle coppe?

“A Napoli credo si sia rotto qualcosa tra società e giocatori. Gattuso sta ricucendo questo rapporto. Quando si rompe qualcosa è normale che si creino dissapori. È agli ottavi di Champions, tutto può succedere anche perché l’ultimo Barcellona non mi sembra particolarmente fuori portata”.

Se potessi tornare un calciatore in attività, in quale squadra attuale vorresti giocare?

“Sicuramente nella Juventus. È una società vincente e sono sempre stato juventino. Da piccolo, come tanti altri, impazzivo per Michel Platini. È stata una grande emozione passare dall’andare a vedere le partite dei bianconeri ad Avellino all’indossare quella maglia”.

Qual è stata la partita che ricordi con maggior piacere?

“Sicuramente la vittoria sull’Ajax ad Amsterdam nella semifinale di Champions League nel 1996/97. Segnai io e poi raddoppiò Vieri. Vincemmo 2-1 e ipotecammo la finale. Una partita bellissima per me”.

E quale gara vorresti rigiocare?

“La partita tra Milan-Juventus nel 1998 in cui mi sono fatto male, perdendo molte partite, tra le quali la finale di Champions League contro il Real Madrid”.

Com’era vivere in uno spogliatoio di campioni come la Juventus?

“Sono arrivato con Vieri, Iuliano e Montero. Cercavo di osservare sempre gli altri per imparare. Ricordo con affetto un aneddoto riguardante la prima partita di allenamento con Zidane. Non lo conoscevamo, ma quando fece un gol pazzesco dopo pochi minuti, ci fermammo tutti ad applaudire. Credo sia stata l’unica volta in cui una squadra intera ha smesso di allenarsi per omaggiare la prodezza di un giocatore”.

Hai diviso lo spogliatoio con Antonio Conte. Che effetto ti fa vederlo ora sulla panchina dell’Inter?

“Non mi fa un effetto particolare: Antonio è un professionista. Ed è un allenatore vincente. Nello spogliatoio non era particolarmente loquace, anzi era taciturno. Ma quando c’era da farsi sentire, aveva sempre un consiglio pronto”.

Ultima domanda: in carriera hai vinto tre scudetti con la Juventus e tutti in volata. Qual è il tuo preferito?

“Sicuramente quello 1996/97 con la sfida scudetto contro il Parma. Anche perché, per vari motivi, è l’unico in cui ero in campo per festeggiare”.


Fonte: http://www.gazzetta.it/rss/serie-a.xml


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