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Quando l'interista Lorenzi confessò al cardinale di aver deciso il derby con un limone…

di Luigi Furini –

E’ il 7 ottobre 1957, un lunedì. C’è un giovane uomo che entra in una chiesa del centro di Milano e chiede di confessarsi. Gli si avvicina il prete: “Venga”. L’uomo si inginocchia nel confessionale. “Ieri ho fatto una scorrettezza”, dice. Il sacerdote si fa raccontare l’episodio. L’uomo che si confessa è Benito Lorenzi, centravanti dell’Inter, meglio conosciuto come “Veleno”. Il giocatore è un fervente cattolico. A volte, la domenica, arriva a San Siro in ritardo perché ha fatto tardi alla messa di mezzogiorno. Ma quale è stato il peccato di Lorenzi? Il giorno prima si è giocato il derby. L’Inter ha vinto 1-0. I nerazzurri il gol lo segnano su rigore. E’ Lorenzi che sgomita lo stopper del Milan, questi lo preme e “Veleno” si lascia andare: l’arbitro Concetto Lo Bello fischia il rigore, che Vincenzi trasforma.

Mancano pochi minuti alla fine e Lo Bello fischia un rigore per il Milan. Lorenzi va a bordo campo per chiedere un po’ d’acqua. Le bottigliette sono finite. Dalla panchina gli lanciano un limone.  Lorenzi succhia mezzo limone mentre si avvicina all’area. Ci sono ancora discussioni con l’arbitro. E che cosa fa adesso Veleno? Prende il mezzo limone e lo sistema sul dischetto del rigore. Dagli undici metri è chiamato a battere Tito Cucchiaroni, sudamericano, attaccante del Milan. Non si accorge del limone sotto la palla. Prende la riscorsa e calcia forte. Ma il tiro finisce fuori. Esultano gli interisti. Di lì a pochi minuti Lo Bello fischia la fine. L’Inter vince il derby davanti a una folla strabocchevole.

Benito Lorenzi va a letto ma non dorme. Il giorno dopo si presenta in chiesa. Confessa, appunto, la scorrettezza, ma trova un prete interista. Che si mette a ridere e non gli dà la penitenza. Insomma, era un peccato da poco. Negli anni successivi, durante un dibattito sui temi dello sport, davanti al Cardinal Carlo Maria Martini, Lorenzi ritorna sull’episodio. L’alto prelato lo ascolta e Veleno si giustifica così: “Il corpo peccava, lo spirito cattolico restava negli spogliatoi”. Anche Martini si mette a ridere. “Veleno” non ha fatto niente di male, mica puoi mandare uno all’inferno se ha messo mezzo limone sul dischetto del rigore. Che poi Veleno era un ragazzo d’oro e generoso. Nato nel 1925 in provincia di Pistoia, si è portato dietro per tutta la vita il nome del Duce. Il soprannome “Veleno” lo aveva invece voluto la madre, tanto il ragazzino era vivace. Il suo esordio nell’Inter è nel 1947. Alla prima partita, in casa contro l’Alessandria, si fa espellere per una rissa con Rosetta. D’altra parte, era o no “Veleno”?


Fonte: http://www.gazzetta.it/rss/serie-a.xml


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