TORINO – Cristiano Ronaldo vuole quel titolo. Ha anche imparato a dirlo: «capocannoniere». La pronuncia non è perfetta, ma il concetto è chiarissimo. Dopo essere stato Top Scorer in Prmier League e Pichichi nella Liga, CR7 vuole il terzo titolo di re dei bomber e questa sera affronta il suo rivale: Ciro Immobile. Il laziale ha segnato 29 gol, uno in più di Ronaldo fermo a 28, tutti e due hanno trasformato 11 rigori, Ciro ha giocato 32 partite, tre in più di Ronaldo che ne ha disputate 29 e he, quindi, una media gol lievemente superiore (0,96 contro 0,90).
Ronaldo e quel titolo che manca alla sua collezione
Cristiano Ronaldo vuole, ovviamente, vincere lo scudetto e sta facendo di tutto per conquistare quello che sarebbe il suo settimo titolo nazionale (3 in Inghilterra, 2 in Spagna e 1 in Italia, per ora). Ma il tricolore non lo sazierebbe del tutto. E non stiamo parlando della sua fame di Champions League, tanto grande quanto scontata, ma di quel titolo che manca alla sua collezione e che, quindi, lo stimola ancora di pù. Il premio che va a chi ha segnato più gol in campionato lo stuzzica tantissimo per quello che significa e perché non c’è ancora nel suo museo personale, sull’isola di Madeira, luogo che racconta molto di Cristiano e del suo modo di vivere il calcio: narcisistico, certamente, ma anche maledettamente determinato sull’obiettivo da raggiungere attravero un’etica del lavoro superiore. Perché Cristiano Ronaldo è quello che non ha nessun falso pudore a postare un selfie su uno yatch da miliardario spiegando: «Realizza i tuoi sogni con le persone che ami». Con quell’istantanea CR7 vuole fotografare il suo successo, misurarlo visivamente, perché giustamente convinto di averlo conquistato sul campo, allenamento dopo allenamento. Come sabato, quando si è presentato a mezzogiorno alla Continassa, con l’allenamento ufficiale fissato alle cinque del pomeriggio. Cinque ore di anticipo da dedicare a un lavoro personale, una serie di esercitazioni atletiche per migliorare la condizione, che ultimamente non lo convince. Non è la prima volta, non sarà l’ultima: a 35 anni e dopo 18 di professionismo ha la stessa identica smania di migliorarsi di quando ne aveva 15 e sgattaiolava di nascosto nella palestra dello Sporting Lisbona per qualche allenamento supplementare.
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