Avvocato Cesare Di Cintio, come esperto di Diritto Sportivo, come giudica l’inziativa della Juventus per il taglio degli stipendi?
«La Juventus ha dato l’esempio, ora è il resto del movimento che deve seguire quella strada».
C’è una norma che disciplina i casi di sospensione e interruzione dei campionati per cause di forza maggiore?
«Nelle carte federali non esiste una norma che disciplini i casi di “sospensione” e “interruzione” dei campionati per causa di forza maggiore. Allo stesso modo, i contratti collettivi non disciplinano l’ipotesi di impossibilità sopravvenuta, temporanea o parziale, della prestazione non imputabile al debitore, cioè al calciatore».
Cosa dovrebbero fare i club per esigere un taglio degli stipendi dei giocatori?
«I club hanno il problema di dover affrontare la situazione di emergenza in assenza di una disciplina specifica. Sarebbe diverso il caso in cui fosse possibile portare a termine i vari tornei professionistici poiché la prestazione pattuita dalle parti verrebbe portata a termine, anche se in tempi differenti da quelli concordati. Nel caso, invece, in cui le competizioni si dovessero interrompere, oppure dovessero essere ridisegnate con un impegno inferiore per i giocatori, allora si verificherebbe l’ipotesi di impossibilità sopravvenuta – totale o parziale – della prestazione che, come anticipato, non è contemplata dagli accordi collettivi. Se da un lato l’impossibilità della prestazione non potrà esser addebitabile al calciatore, dall’altro, è legittimo domandarsi se la società sarà comunque tenuta al pagamento per intero degli emolumenti concordati».
C’è un iter giudiziario?
«Questa fattispecie è disciplinata dall’art. 1256 cc – rubricato come “impossibilità definitiva e impossibilità temporanea” – ma è altrettanto vero che per sancirne l’ingresso nel mondo del calcio sarebbe necessario un pronunciamento “giudiziale” da parte dei collegi arbitrali. Il limite però sarebbe rappresentato dall’incertezza del giudizio e dal fatto che ogni singolo pronunciamento produrrebbe efficacia per il singolo caso e non per l’intero sistema. Si rischia quindi la moltiplicazione dei contenziosi che avrebbe come ulteriore corollario quello di poter incorrere in valutazioni difformi per la medesima fattispecie: “tot capita tot sententie” dicevano i latini».
Qual è la soluzione dettata dal buonsenso?
«Una volta accertato definitivamente il destino dei campionati, credo che la via da prendere sia assolutamente quella della condivisone tra le parti in causa, ovvero leghe e associazioni di categoria, per un accordo finalizzato a stabilire come operare a livello di sistema sui compensi degli sportivi. È chiaro, ovviamente, che sarà onere delle parti in causa distinguere il caso del Top Player da quello del giocatore di terza serie. Altrimenti le storture normative potrebbero tornare a generare quei contenziosi che la contrattazione collettiva dovrebbe invece evitare».