L’episodio di Anversa è solo l’ultimo di una lunga serie per il giocatore. Le liti con la moglie in strada a Cagliari, le feste sfrenate, ecco i suoi 33 anni vissuti verso il limite
La vita di Radja Nainggolan è come un romanzo russo. Esagerata, irriverente, spericolata fino all’eccesso. L’ultimo episodio, il ritiro della patente ad Anversa per guida in stato di ebbrezza, è soltanto un dettaglio che si aggiunge ai tanti, tantissimi, e non è che una conferma: c’è, dentro questo ragazzo-uomo di trentatré anni, qualcosa che lo spinge sempre verso il limite, il precipizio, l’improbabile. È come se fosse posseduto da un demone e non riuscisse a liberarsene. Nemmeno il calcio, con le sue regole e i suoi riti, è riuscito a correggerne la traiettoria: l’esistenza che Nainggolan si è scelto, o ha scelto il destino per lui, è una curva sghemba che sale, sale, sale e poi, all’improvviso, precipita e la caduta lascia senza fiato.