TORINO – I contatti non mancano (nuovo incrocio previsto, salvo novità, entro domani), eppure l’accordo non c’è e la conseguenza rientra nella logica: Manuel Locatelli, al 3 agosto 2021, non è un giocatore di proprietà della Juventus. Potrebbe diventarlo ma per ora, all’alba di una nuova stagione, il suo club resta il Sassuolo. Da contratto, sarà così fino al 30 giugno 2023. Però gli accordi legati ai trasferimenti dei calciatorib vengono sottoposti spesso e volentieri a “revisione” e nel caso specifico del centrocampista campione d’Europa la proprietà di cui sopra resterebbe tale in base alle volontà bianconere. Perché dalla Continassa non si schiodano di un millimetro dalla proposta di un prestito biennale con riscatto del cartellino del Loca non prima di un paio d’anni. Prestito, cioè “noleggio” del giocatore il cui cartellino sarebbe sempre in mano al club neroverde.«Siamo convinti che la nostra offerta sia buona e giusta», Pavel Nedved ha detto e direbbe ancora oggi. La risposta dall’Emilia? No, grazie, arrivederci. E più ci s’irrigidisce da un lato, più dall’altro si chiude la porta.
Locatelli vuole la Juve, ma c’è distanza sulla formula
Locatelli ha concluso le vacanze post Euro 2020 con la dolce metà ed è rientrato nella sua residenza milanese. Da lì attende novità, confidando in quel buon senso che da settimane detterebbe l’agenda dei lavori se contasse solo quello: il ragazzo freme per giocare nella squadra per cui tifa da bambino e dove vorrebbe approdareda più di un anno, la Juventus non vede l’ora di accontentarlo, però il Sassuolo – bottega tradizionalmente restia ai saldi – è un osso durissimo nonostante le offerte dall’estero non abbiano mai intrigato il centrocampista e soprattutto risultino evanescenti, per il momento. I bproposti dall’Arsenal non hanno fatto breccia nelle certezze profondamente juventine dell’ex milanista e il Liverpool non sembra così convinto (mentre dalla Francia rilanciano una presunta candidatura del Paris Saint-Germain). Perché allora da Torino non stappano lo champagne? Perché la distanza sulla formula, più che sulle cifre, c’è.
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