Che fregatura. Che partita, il Verona. Che incubo, questo Ivan. E che rabbia, alla fine. Un bruciore di quelli che non passano. Anche se adesso, con Spalletti, pare tutto una meraviglia: 7 vittorie in 7 partite, 18 gol segnati e solo 3 quelli subiti. Un carrarmato con la faccia di Osimhen, un metro e 86 di proiettile vivente. Però, l’ultima volta: che fregatura, contro Juric. C’era ovviamente Gattuso: ma non la perse solo lui, la Champions. Finì 1 a 1, era il 23 maggio. Il secondo tempo del Napoli prese la forma di Willy il Coyote quando salta da una parte all’altra di un canyon: una gran rincorsa, un balzo stratosferico, ma poi la discesa giusto pochi centimetri prima del bordo opposto. Giù nello strapiombo: che male. Come i napoletani, all’ultima giornata di campionato. Gol di Rrahmani, però poi il pareggio di Faraoni a metà ripresa. Verona gagliardo come sempre o quasi. E azzurri impallati, sul più bello. Gambe pesanti, gol mangiati, ansia da prestazione e ammosciamento al dunque nel gioco e in difesa. E così, con le vittorie contestuali di Milan e Juventus, il Napoli (favorito dalla posizione in classifica, alla vigilia) si ritrovò fuori dalla Champions: come Willy nei canyon. Ci tornerà domenica, Juric: stavolta col Toro, appena scartavetrato nel morale dal milionesimo derby perduto nel finale, tra miliardesimi rimpianti. Ivan ha bisogno di non uscire sconfitto per tener su l’ambiente senza ulteriori patimenti. La vittoria più gettata che non colta a Venezia e il pareggio più non colto che gettato con la Juve hanno annacquato le bollicine di Sassuolo e Lazio (peraltro anche in quest’ultimo caso con buccia di banana alla fine). Chissà come lo accoglierà uno stadio ribollente di Spalletti vendicaci tu! Certo non gli applausi tributati nel secolo scorso a Sacchi.
Bordate di fischi? Sarebbe brutto, ingiusto. La buttò via il Napoli, la Champions: stile braccino al tennis. Non gliela rubò il Verona. Ma ne conseguì ugualmente un prolungato battibecco televisivo a fine partita tra Juric e un giornalista che aveva visto un Verona inaspettatamente ed esageratamente aggressivo. Ivan, furente, difese a modo suo (il personaggio lo si conosce, quando gli salta il nervo) l’onestà della sua squadra. Lo ha di nuovo spiegato prima del derby: «Ancor oggi sono molto orgoglioso di quella bella prova della mia squadra. Io pensavo solo al Verona e a fare bene col Verona, ovunque e contro chiunque. Alla prima come all’ultima giornata. Invece in Italia si pensa spesso male… Ma io non sono fatto così, non ragiono così. Per me la cultura sportiva è sacra, me l’ha insegnato Gasperini. E per me l’unico modo per essere uomini è dare il massimo in ogni partita, in ogni allenamento». Ma ci fu chi vide del male comunque, all’epoca. Tanto più perché il Verona dell’ultima parte di stagione non è che le vincesse o le pareggiasse tutte, eh. Spuntò anche il classico retroscena, su qualche media. Per la serie: Juric ha schierato apposta un Verona così gagliardo perché De Laurentiis tempo prima gli aveva fatto capire che sarebbe stato il candidato preferito per il dopo Gattuso, ma poi si era defilato senza comunicargli alcunché. E Ivan l’avrebbe presa come un’onta da lavare. Ma per piacere.
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