La Procura di Torino ha aperto un’inchiesta ipotizzando il falso in bilancio e false fatturazioni per la Juventus. Sono stati iscritti nel registro degli indagati il presidente Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved e l’ex direttore sportivo Fabio Paratici, che ora è al Tottenham Hotspurs. Nel mirino della Procura, che giovedì sera ha mandato la Guardia di Finanza nella sede juventina ad acquisire documenti, ci sono gli ultimi tre anni di calciomercato e, nella fattispecie, le ormai famigerate plusvalenze. Oggetto delle indagini movimenti per circa 50 milioni di euro. Si tratta dunque della terza inchiesta sullo stesso argomento, dopo quella della Consob e quella della Covisoc (l’organo di controllo della Figc). Il nocciolo della questione sono i passaggi di giocatori le cui valutazioni hanno consentito di produrre plusvalenze, salvifiche per il bilancio, ma che in sostanza non hanno prodotto un reale passaggio di denaro. L’esempio più citato, per restare nella storia recente juventina, è lo scambio Pjanic-Arthur fra Juventus e Barcellona. Nell’operazione il bosniaco era stato valutato 60 milioni, il brasiliano 72. Due valutazioni che avevano consentito ai due club plusvalenze consistenti (quella della Juventus fu di 46,9 milioni), senza un passaggio reale di denaro, a parte i 12 milioni di differenza. Ma sono decine le operazioni di mercato che hanno garantiti benefici contabili di quel genere, strumento di cui la Juventus ha fatto ampio uso nelle ultime tre stagioni e che sono state bandite quest’anno, perché alla lunga non producono solo benefici, ma appesantiscono il bilancio sul fronte degli ammortamenti.
Il precedente
Ma l’inchiesta, coordinata dai pubblici ministeri Mario Bendoni, Cirio Santoriello e dall’aggiunto Marco Gianoglio, può comportare gravi rischi per la Juventus? Dipende, ovviamente. Certo esiste un precedente anche abbastanza vicino nel tempo: Milan e inter finirono sotto processo nel 2008 per i bilanci del 2004, finiti nel mirino della Magistratura per le solite plusvalenze. Ma vennero assolte perché «il fatto non costituisce reato». Il problema è la definizione scientifica del valore di un giocatore nell’ambito del calciomercato. Non esistono, insomma, parametri esatti per decidere che una valutazione sia «falsa», visto che il numero di fattori e condizioni che possono influire. A distanza di 13 anni dall’assoluzione delle milanesi, l’inchiesta riporta l’annosa questione delle plusvalenze negli uffici di una Procura, proprio mentre Infantino, solo un paio di settimane fa, ha ipotizzato l’introduzione di un algoritmo matematico per decidere la valutazione di un giocatore.