TORINO – Si chiama “Ius murmurandi” e il diritto romano, due millenni fa, ne sanciva i contorni di un vero e proprio diritto, a patto di non abusarne. La gloriosa Repubblica Marinara di Genova ne aveva addirittura fatto una base contrattuale per i marinai che potevano essere assunti «con mugugno» o «senza mugugno». Nel secondo caso prendevano qualcosina di più, ma perdevano il diritto a lamentarsi, nel primo caso, a fronte di qualche soldo in meno, potevano però brontolare a loro piacimento delle condizioni di lavoro e di quanto accadeva sulla nave.
Ieri sera Andrea Pirlo, che è uno degli allenatori meno pagati fra quelli delle prime in classifica (quindi probabilmente ha inserito nel contratto la clausola mugugno, secondo l’esempio genovese), ha definito il rigore assegnato al Napoli «episodio dubbio» e ha sottolineato come, a parti inverse, probabilmente sarebbero ribollite le polemiche. Molti lo hanno criticato per questo, bacchettandolo severamente perché si era permesso di lamentarsi dell’arbitro e di fare la vittima. Il che è sostanzialmente ingiusto.
Quando è arrivato ai microfoni Pirlo aveva perso la partita in modo piuttosto curioso: subendo un solo tiro in porta, quello del rigore di Insigne. Lecito che gli girassero le scatole. Il rigore – per la cronaca – c’era, un rigore da Var, ma c’era. Pirlo tuttavia non va troppo lontano dalla realtà quando ipotizza focose polemiche a parte inverse: non fa la vittima, constata un fatto di cui ha lunga esperienza. E affermare il contrario di quanto ha pacatamente espresso significa arrampicarsi spericolati su una parete di specchi. Una situazione come quella di Chiellini-Rrahmani al contrario avrebbe, diciamo, vivacizzato il dopo partita assai di più del mugugno di Pirlo. E nessuno si sarebbe scandalizzato per le proteste.