Senso di appartenenza, comunione di pensieri, emozione unica, celebrazione di un rito pagano: siamo tornati a popolare stadi e palazzi, una tradizione ultracentenaria che ha origini pure più antiche
Nello sport nulla pareggia l’emozione che ti sa dare il ruggito di una folla, che si solleva alle tue spalle, in un’improvvisa comunione di pensieri e di intenti, nell’immediata celebrazione di quello che stai realizzando. Un gesto, un’idea, un’interpretazione, diventata, di colpo, la cosa più importante che ci sia. Dopo 18 mesi di stadi, circuiti e arene silenziose, dove il vuoto pneumatico veniva stracciato soltanto dal rumore dei motori, dalle urla degli allenatori e dallo scricchiolio del legno, più o meno ad ogni latitudine contemporaneamente, stanno tornando gli spettatori sugli spalti a pieno regime.