È più allegriana che allegra, per il momento, sono tempi Bonucci e non buoni. Eppure la Juventus, ottava due settimane fa coi due ko di fila con Sassuolo e Verona, riporta a casa dall’Olimpico una vittoria pesante contro la Lazio. La sfida tra Allegri e Sarri, così come presentata alla vigilia, ossia giochisti contro risultatisti, la vince il primo. Proprio la partita di ieri dimostra che ogni squadra è allenabile, per dirla con Allegri, pure l’imperfetta Juve costruita questa stagione.
L’importante è fare delle rinunce. E la Juve ne fa molte, a cominciare dalla proposta, dal comandare lei il gioco. Palloni lunghi, rovesciamenti. L’uscita di Danilo, rimpiazzato da Kulusevski, ha portato al cambiamento di sistema, con difesa a 4 e più uomini nel mezzo, dove la Lazio era stata padrona all’avvio. L’altro episodio risolutivo è stato il rigore scioccamente procurato da Cataldi su Morata dopo 23 minuti. Non sappiamo se sia stato più stolto l’intervento o le proteste seguenti, decisamente inspiegabili, anche da parte della panchina laziale. Da lì, dopo la trasformazione di Bonucci – che a questo punto dovrà tirare i penalty anche in Nazionale – è scaturita la partita perfetta per la Juventus di oggi. Baricentro in basso, chiusure attente, e ripartenze più rapide. L’accelerazione portentosa di Chiesa nella ripresa, rovinata maldestramente da Kulusevski con l’assist di ritorno mancato, è un manifesto di cosa possa fare la squadra bianconera in contropiede, ancor di più se Morata riprenderà a giocare a livelli accettabili.
Nella partita ideale che è uscita, la Juventus ha aggiunto stavolta quello che le era mancato prima. Applicazione mentale, concentrazione, spirito di sacrificio, elementi costati gli ultimi campionati. I rientri in chiusura di Rabiot sono apparsi la nota più incoraggiante guardandola dalla prospettiva di Allegri, ma anche le giocate del trascinante De Ligt, coadiuvato dall’ottimo Bonucci. Ci auguriamo davvero che sia giunta l’ora di chiudere ogni discorso sull’utilità del ragazzo olandese. Se non è già uno dei migliori difensori europei, e forse lo è, è comunque imprescindibile per la tenuta difensiva e la rimonta della Juve. Ha sradicato lui il pallone dai piedi di Muriqi che ha portato al raddoppio, guarda caso dopo un’altra, esaltante sgroppata di Chiesa. Nell’azione del 2-0, chiuso proprio da Bonucci sempre su rigore, è sintetizzata la ricetta migliore della nuova Juve: gioventù ed esperienza servite insieme, De Ligt-Chiesa più il capitano. La partita contro il Chelsea potrà dare martedì il primo posto nel girone, un obiettivo prezioso e stimolante, la gara contro l’Atalanta sabato prossimo avrà invece lo scopo di alzare le quotazioni in campionato.
La Lazio ha avuto più possesso palla nel primo tempo, 56% dicono le statistiche, ma francamente ha prodotto pochi pericoli alla difesa avversaria. Ciro Immobile, salutato dai tifosi prima del match per il record di gol in maglia biancoceleste, ha ricordato quanto pesi nell’economia della squadra. Senza di lui in campo non si è mai avuta la percezione di un centravanti vero. Non ha funzionato Pedro nel primo tempo, non ha girato Felipe Anderson nella ripresa e ancor meno Muriqi, immobile senza maiuscola. La Lazio che aveva battuto la Roma e sconfitto l’Inter, lascia alla Juventus i tre punti che Sarri avrebbe assaporato volentieri per un gusto personale, umano e comprensibile. Forse nasce da qui la tensione speciale nel finale. Sono tuttavia piccoli fatti, cose di campo, in una serata che in maniera più ampia ha rimesso in carreggiata la Juve, ovviamente con l’asciutto metodo del corto muso di Allegri. Più che la rivoluzione di Marx, il realismo di Max.