VENEZIA – Non è stata certamente bella, la Juventus. Ma dopo l’1-1 a Venezia resta l’impressione che con un centravanti avrebbe vinto. Il che non cancella i problemi della squadra, ma se non altro li circoscrive. Se i punti persi nella primissima parte del campionato parlavano di una squadra confusa e scombiccherata, che si schiacciava in difesa e giocava solo in contropiede, il pareggio di Venezia racconta una Juventus che tiene palla, sta nella metà campo avversario, riesce a costruire, ma – non esattamente un dettaglio – non a concretizzare. Allegri lo dice da settimane che il nocciolo della questione è la precisione negli ultimi trenta metri, ma una soluzione non è stata ancora trovata. Non può bastare il gol di Morata per assolvere il reparto avanzato bianconero. Non può bastare l’incoraggiante prestazione di Bernardeschi. Là davanti qualcosa non funziona e l’infortunio di Dybala che esce all’11’ toccandosi il ginocchio destro fotografa l’inaffidabilità fisica del fuoriclasse bianconero e tecnica di tutta la fase offensiva. La Juventus pareggia al Penzo perché il Venezia azzecca un spettacolare tiro di Aramu al 55′, il primo della partita, a cui ne sono seguiti giusto un paio. Non che la squadra di Zanetti non abbia meritato il pareggio, visto che è riuscito a difendersi con ordine e non perdere la testa, ma è indicativo del fatto che rispetto all’inizio della stagione Allegri ha sistemato la fase difensiva. Ovvio, non si può pensare di renderla completamente impermeabile in modo da compensare la sterilità offensiva: un gol lo puoi prendere, anche dal Venezia, il problema è quando la Juventus ne sbaglia tre o quattro a partita.
Dominio sterile
Il primo tempo lo comanda la Juventus, con 12 tiri, il 59% di possesso e un predominio sostanziale che lascia sostanzialmente inoperoso Szczesny. Ma la spremuta di quarantacinque minuti in avanti è un solo gol, con contorno di almeno tre chiare occasioni sprecate (quella di Cuadrado proprio a un minuto dall’intervallo particolarmente clamorosa). Una partita che poteva essere chiusa facilmente diventa una battaglia.
Il gol
Eppure, il gol dell’uno a zero era stato a suo modo confortante per il popolo bianconero: cross di Luca Pellegrini, che consacra con una giocata decisiva il suo momento di crescita; tocco (tra piede e stinco) di Alvaro Morata, che vive non senza nervosismo un periodo di crisi (anche se, in fondo, aveva segnato anche a Salerno). Due volti della possibile resurrezione bianconera, che può pescare protagonisti inaspettati.
La ripresa
Non cambia l’andazzo nella ripresa: è la Juventus che attacca, ma senza graffiare e al 55′, arriva il gol del pareggio del Venezia con il primo vero tiro in porta del Venezia. Un pareggio fin lì immeritato, ma che i padroni di casa legittimano nei dieci minuti successivi nei quali la Juventus soffre e Pellegrini, grande protagonista, anticipa Henry che aveva la palla a tre metri dalla linea di porta. Insomma, la Juventus va in sofferenza e anche un po’ in confusione. Rientra in partita al 65′ con un tiro di Kaio Jorge che richiede un miracolo di Romero. E ristabilisce un’inclinazione del campo a lei più favorevole, ferma restando la cronica difficoltà a concretizzare la manovra offensiva. Al 74′ ci sarebbe un rigorino (ino ino) per la Juventus per un fallo su Morata di Ebuhe, ma Valeri non lo concede. La Juventus continua ad attaccare, entrano anche Soulè e Kean (che entra al posto di Kaio Jorge, a sua volta subentrato a Dybala e parso un po’ sperduto nella bellicosa trequarti veneziana), ma tutto è immutabile: la Juve attacca, ma non segna.