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Pirlo, scuoti la Juve. Società furiosa con la squadra

All’età di Dejan Kulusevski, Andrea Pirlo giocava nella Reggina. All’età di Weston McKennie, Leonardo Bonucci giocava nel Treviso. All’età di Chiesa, Giorgio Chiellini giocava nella Juventus, ma in Serie B. E né Pirlo, né Bonucci, né Chiellini avevano giocato un ottavo di finale di Champions League. Vale la pena iniziare da qui per rispondere alla domanda: cosa diavolo è successo alla Juventus mercoledì sera a Oporto. L’esperienza media della formazione scesa in campo nell’ottavo di andata era molto bassa e questo è stato uno dei fattori chiave della sconfitta. Uscito Chiellini alla mezzora, fra i giocatori di movimento in campo solo Danilo, Ronaldo e Alex Sandro superavano i 25 anni. In una competizione come la Champions la mancanza di esperienza puà diventare esiziale, soprattutto in una partita che per colpa di un errore assassino al primo minuto si trasforma in una salita dolomitica.

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La Juventus del primo tempo, la squadra impaurita, anzi letteralmente impietrita dalla situazione, incapace di organizzarsi con una logica e con il minimo sindacale di rabbia agonistica era una Juventus di ragazzini. Lo era per scelta della società che in estate ha fatto partire un ringiovanimento massiccio e lo era per colpa degli infortuni che hanno squilibrato il rapporto fra giovani ed esperti dalla parte dei giovani. E il rischio, con i giovani, è quello che ogni tanto non sappiamo cosa fare. Succede ai Dortmund e agli Ajax, succede a maggior ragione con una squadra come la Juventus, la cui maglia pesa ancora di più.

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