TORINO – La verità è che il Toro ha perso ancora prima di scendere in campo. Non già perché il Napoli fosse più forte (lo è: e di gran lunga) e almeno altrettanto motivato, a differenza di quanto – giusto per fare un raffronto con l’unica big battuta in questo campionato dai granata – si era dimostrata e si sta dimostrando la Roma. Ha perso in anticipo, il Toro, perché ha per l’ennesima volta trasmesso, anche se in via indiretta, un senso di debolezza congenito nell’attuale società e diffuso in ogni sua componente: da quelle interne – dirigenti e giocatori – a tutto il mondo che inevitabilmente gli gravita attorno.
I danni del pre-partita
Ha cominciato Luca De Simone, agente di Rolando Mandragora: conversando amabilmente con una radio partenopea in vigilia di match, il rappresentante del centrocampista ha di fatto ammiccato al Napoli – squadra per la quale tutta la famiglia del ragazzo simpatizza – spiegando che sì, Rolando in granata si è scoperto importante e si trova bene, che il Torino ha l’obbligo di riscatto a prezzo già fissato, ma che nel calcio tutte le cose «possono cambiare velocemente», e che in ogni caso il suo telefono «è sempre acceso», in attesa di proposte. Ha continuato poi, in collegamento tv, il direttore dell’area tecnica Vagnati e il terzino Singo. Al primo cosa chiedono? Ovviamente di Belotti, lasciato dalla società avvicinare pericolosamente alla scadenza del contratto senza proposte né argomenti per un rinnovo. E il dt cosa fa? Traccheggia parlando di colloqui «amicali e civili» con il capitano e definisce «un vanto» l’interesse dei grandi club per il Gallo. Mancava solo che lanciasse in qualche modo un’asta.
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