TORINO – Prima stagione, dal 2010/11 a oggi, senza aver consegnato un nuovo trofeo alla bacheca. Un esito che alla Juventus si paga solitamente con un licenziamento, visto che in casa bianconera pesano innanzitutto le vittorie. Si cambia con l’obiettivo di migliorare, ma quest’anno non sarà così. Perché Massimiliano Allegri resta saldo sul ponte di comando. Se la società non cambia, qualcosa dovrà però cambiare lui. Perché pensare alla stagione che verrà come a un bis di quella che si sta concludendo è una ipotesi che destabilizzerebbe il contratto in essere, valido fino al 2025.
Juve, i meriti di Allegri
Nei giorni scorsi si era analizzato l’Allegri-bis, raccontando come anche una sconfitta nella finale di Coppa Italia non avrebbe messo in pericolo il futuro dell’allenatore. Questo perché la società non voleva nuovamente rimescolare tutto, con un’eventuale quarta guida tecnica in altrettante stagioni. L’input è stato di continuare così, non per stanchezza, ma per scelta. Perché è vero che Allegri non ha colto successi come il Maurizio Sarri 2019/20 (scudetto) e l’Andrea Pirlo 2020/21 (Supercoppa italiana e Coppa Italia), però ha riportato un equilibrio nello spogliatoio molto apprezzato, dopo due stagioni complicate, tra divergenze tattiche, gioco poco sviluppato e difficoltà (oppure eccesso) di confidenza nei rapporti. C’era da ricostruire un orgoglio bianconero e Allegri lo ha fatto, come si è visto nella reazione contro l’Inter. C’era da gestire un complicato post-Cristiano Ronaldo e il tecnico livornese ha tentato di farlo, in una stagione in cui la mancanza dei 29 gol del portoghese ha pesato, eccome. Un anno fa a due giornate dalla fine i bianconeri avevano 70 reti all’attivo, oggi sono 55. Un gap che neppure l’arrivo di Dusan Vlahovic a gennaio ha aiutato a colmare.
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