MILANO – Massimo Ambrosini, in “Stavamo bene insieme” – film che si può vedere sulla piattaforma streaming Dazn – lei è la voce narrante dei migliori anni del Milan dopo l’era Sacchi e Capello. Quanto è importante che oggi a capo dell’area tecnica ci sia Paolo Maldini, capitano e leader di quella formidabile squadra?
«Non è importante, è fondamentale perché Paolo ha sempre unito una professionalità evidente a un’ambizione naturale. E il suo riconoscersi così tanto nella società ha fatto sì che questa ambizione sia stata trasferita alla squadra. E, con essa, un senso di responsabilità verso la storia che ha questo club».
Nel film lei, Pirlo, Nesta, Gattuso, Inzaghi e lo stesso Maldini descrivete in modo strepitoso l’arrivo di Kakà, ammettendo come nessuno credesse fosse tanto forte vedendolo ben pettinato e con quegli occhialini da studente modello. Quanto ha fatto male a De Ketelaere il paragone con Ricky?
«Di Kakà ce n’è uno ogni cinquant’anni. Quando Ricky è arrivato in Italia questo sport stava cambiando e lui era un prototipo di calciatore diverso. Per questo averlo paragonato a De Ketelaere è stato ingiusto e ingeneroso, ma credo che quel parallelismo sia durato poco visto quanto siano diversi i due come giocatori».
Lei si è accorto subito, vedendo Kakà, quanto fosse forte?
«Nei primissimi allenamenti non mi aveva impressionato come magari era capitato con altri. Però è bastata una partita, quella ad Ancona, per farmi capire abbondantemente il suo valore: Ricky aveva uno strapotere fisico e tecnico che rendevano tremendamente efficaci anche giocate in apparenza semplici. In più, era un mostro di concretezza».
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