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Bergamo e Genova, Daspo a vita per i razzisti

Il campionato è bellissimo. Dopo due anni, gli impianti hanno riaperto al massimo della capienza, la lotta al vertice è sempre più appassionante, il derby d’Italia ha corrisposto alle aspettative della vigilia, comprese le roventi polemiche sulle decisioni arbitrali, decisamente di rigore. L’Inter è tornata prepotentemente in corsa per lo scudetto e stasera sapremo se il Milan risponderà alla grande vittoria del Napoli in casa di una Dea decisamente con il Lipsia in testa, ma, soprattutto, più che mai bisognosa del rientro a pieno ritmo di Zapata, l’unico in grado di guarirne il mal di gol. Con il suo carico di emozioni, di gol, di colpi di scena, la Serie A sembra cercare di lenire la frustrazione per la seconda eliminazione consecutiva degli azzurri dalla corsa al mondiale. Eppure, ancora una volta ci sono razzisti infami che continuano a imbrattare il nostro calcio, impermeabili a ogni pulsione dell’anima. Come se nulla fosse successo attorno a loro; come se anche nel nostro Paese non ci fossero state le decine di migliaia di vittime della pandemia; come se non ci riempissero di orrore le tremende cronache di queste ore sul massacro di Bucha, perpetrato dalla barbarie russa. A Bergamo, città martire del Covid, oggi in prima linea nell’aiuto ai profughi ucraini, un assembramento di subumani ha insultato Kalidou Koulibaly, bersaglio di ululati e insulti della peggior risma, al termine della partita vinta dal Napoli. Che non giocava a Genova, dove, tuttavia, ancora una volta Napoli è stata bersagliata da cori beceri e incivili, come quelli intonati da un gruppo di ultrà romanisti.

Urticante, insopportabile è il campionario di nefandezze che, di volta in volta, la cronaca è costretta a registrare: possiamo dimenticare la ribellione di Maignan a Cagliari e prima ancora la curva veronese chiusa dal giudice sportivo? E Vlahovic, Kean, Felix, Kessiè, Ibrahimovic, Osimhen di volta in volta offesi da cialtroni nascosti nel branco dei cialtroni? Soltanto espellendo i razzisti dagli stadi, una volta per tutte, si potrà cominciare a risolvere questa emergenza, alla quale non si può e non si deve mai fare l’abitudine. Macché uno, due o cinque anni: il daspo a vita è il provvedimento minimo che deve essere adottato dalla giustizia sportiva, senza se e senza ma: ci sono le immagini, ci sono gli audio, ci sono le prove per stangare i colpevoli. Sappiamo bene quanto il nostro calcio abbia molte cose da farsi perdonare e non ci riferiamo soltanto al disastro azzurro nella corsa al Qatar o alle magre rimediate dai club nelle coppe europee, la più importante vanamente inseguita da dodici anni; la seconda vinta per l’ultima volta addirittura nel ‘99. I razzisti gettano fango sull’immagine di un movimento che deve riuscire a estirpare questo cancro. Indignarsi non basta più. Né tantomeno parlare di infime minoranze: è la somma che fa il totale.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a


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