Beppe Bergomi, ma se fosse ancora il capitano dell’Inter, senza nulla togliere ad Handanovic, cosa direbbe ai suoi compagni nello spogliatoio per cercare di invertire la rotta dopo questo inizio complicato?
«Punterei molto sul senso d’identità e appartenenza, sul Dna nerazzurro. Va ritrovata l’anima. Da capitano cercherei di essere ancora di più d’esempio, dicendo a tutti: “Ragazzi, va bene la preparazione fisica, ma ognuno deve fare qualcosa in più”. Bisogna ritrovare la voglia di rifiutare la sconfitta e va fatto attraverso un lavoro specifico. E poi chiederei un aiuto alla gente. Il tifoso nerazzurro deve ritrovare l’entusiasmo che ha avuto negli ultimi tre anni, ma nelle scorse settimane sento che si sta un po’ perdendo, si cominciano a sentire i mugugni di un tempo. Ecco, con tutte queste componenti al posto giusto, l’Inter può venirne fuori».
Qual è l’aspetto che la preoccupa di più?
«Torno alla risposta precedente: mi sembra che manchino identità ed entusiasmo. Se non li hai dentro, tutto diventa difficile. Va ritrovata la voglia di creare un gruppo, di lottare su ogni pallone, di non allargare le braccia, di avere pazienza, di aiutare la linea difensiva. Non vedo queste cose e mi sono chiesto perché stia succedendo tutto ciò».
Si è dato una risposta?
«Magari dopo tre anni sono stanchi di fare le stesse cose, oppure hanno perso uno scudetto che sentivano proprio e fanno fatica a ripartire. Quando vedo certi atteggiamenti in determinati giocatori sono preoccupato. Perché se sei un leader dello spogliatoio, uno dei più rappresentativi, e questi gesti li fai tu, allora capisci che qualcosa non funziona. Io, per esempio, non attaccherò mai un Gagliardini. Poi ovviamente lo so bene anche io che l’assenza di Lukaku sta pesando, che non c’è più un giocatore come Perisic che dava imprevedibilità. L’Inter è fra le ultime squadre in Serie A per dribbling tentati, non ha giocatori che saltano l’uomo, ma questi difetti, in parte, li aveva anche nelle stagioni scorse, ma sopperiva con la cattiveria agonistica, l’attenzione, la voglia di andare a fare risultato».
Ha parlato dello scudetto perso. Ma le scorie di quanto successo possono ancora infl uenzare il rendimento dei giocatori?
«Può essere perché la rivalità con il Milan si è acuita molto e magari se la sentono dentro, questa sconfitta. Anche ai tempi quando vedevamo che dall’altra parte le cose andavano bene, un po’ di fatica la facevamo. A quel punto o reagivi, come successo con lo scudetto del Milan di Sacchi nel 1988 e la nostra risposta la stagione successiva, oppure come oggi rischiavi di rimanere in balia e deprimerti».
E’ possibile che un gruppo abituatosi a vincere faccia più fatica a convivere con un momento del genere?
«Sì, però quando cominci a vincere e ti abitui a farlo, poi costruisci la mentalità giusta che ti permette di continuare a essere protagonista e oggi mi pare si sia persa proprio quella mentalità».
L’Inter ha mostrato anche un problema fisico.
«Io non so se c’è stato un problema di preparazione atletica, ma di certo la mente guida il corpo, per quello dico che va ritrova to l’entusiasmo perché l’aspetto mentale va di pari passo con quello fisico».
Ha parlato di aspetti psicologici e fisici, ma anche di Perisic e Lukaku. Quale delle due assenze sta pesando di più?
«In estate ho pensato: l’Inter senza Perisic perde molto, perché in Europa un giocatore come lui non c’è, un attaccante che gioca tutta fascia, che fa assist e 7-8 gol. Però dall’altra parte con Lukaku, l’Inter ritrova in rosa un giocatore che l’anno scorso non aveva, che dà profondità, fisicità e leadership. Dunque, aspetterei ancora a tirare le somme. Anche perché avere o meno Lukaku cambia molto, la squadra avversaria non può permettersi di lasciare un difensore uno contro uno con il belga. Detto questo, aggiungerei però una cosa. Non possiamo dire: “Ora rientra Lukaku e risolviamo i problemi”. Io magie non ne ho mai viste, per raggiungere un obiettivo, bisogna fare una tremenda fatica».
Inzaghi modificherà il suo gioco per Lukaku?
«Io ricordo la Lazio di Inzaghi, non è che facesse un pressing super offensivo. La Lazio si abbassava e c’era Immobile che dava la profondità che ora può dare Lukaku. Non è Dzeko, non è abile come lui a dialogare, però ci si può appoggiare a Lukaku. Con lo Spezia sono andati in quattro sul belga e si sono aperti spazi per i compagni».
Sia Conte (nell’anno dello scudetto) sia Inzaghi, dopo un inizio troppo “allegro” in difesa, hanno abbassato il baricentro della squadra per coprire maggiormente la retroguardia. Si aspetta un processo simile?
«Può darsi, però nell’abbassarti non devi essere passivo, altrimenti meglio rimanere alti perché i giocatori offensivi devono rientrare, sacrificarsi e gli attaccanti, si sa, preferiscono correre in avanti. L’Inter ha pure due centrocampisti offensivi come Calhanoglu e Barella a cui piace andare avanti, fare assist e inserirsi. Per fare una fase difensiva attenta serve pazienza, si può fare, ma si torna al punto iniziale: bisogna ritrovare entusiasmo».
Diminuirebbe le rotazioni, soprattutto in difesa, per dare più stabilità?
«L’ho sempre pensato anche io, però questo campionato è particolare, ci sono tante partite ravvicinate e c’è bisogno di avere giocatori pronti, quindi tenerli tutti sulla corda e motivati è fondamentale. Darei però più continuità a Gosens, ma pure il tedesco deve metterci del suo perché mi sembra molto intimidito».
Lei ha sempre detto che non avrebbe venduto Skriniar. Sul suo rendimento sta influendo l’estate da precario?
«Penso di sì, perché spesso noi ragioniamo con la testa da grandi, ma parliamo di ragazzi giovani. L’Inter ha una proprietà che è in difficoltà, non lo dico io, e ogni anno questi ragazzi sono sballottati, dunque ci sta che nella testa di Skriniar possa esserci un po’ di confusione. Però è forte, è un ragazzo d’oro e spero torni presto ai suoi livelli».
La dirigenza giovedì ha parlato a lungo con Inzaghi. Dovrebbe parlare anche con i giocatori?
«No, quello è un compito del tecnico, deve essere lui a spiegare le sue scelte ai giocatori, rimproverarli e motivarli a dare di più».
L’Inter ha ancora tempo per tornare sui binari corretti?
«Sì, il tempo c’è, perché gli alti e i bassi li avranno tutte le squadre e la stessa Inter l’anno scorso cambiò passo fra novembre e dicembre, quando mostrò un calcio impressionante. L’Inter era ingiocabile, non prendeva mai contropiede e restava con otto giocatori sopra la linea del pallone. Ma per svoltare, deve esserci uno scatto mentale»