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Bilancio Juve, meno punti e meno gol di un anno fa: cosa non è andato

TORINO – “The day after”, “Il giorno dopo”, è un film di successo di inizio anni Ottanta che racconta le conseguenze di un reciproco attacco nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il giorno dopo della prima stagione juventina senza trofei, dopo 10 annate con almeno un successo, è infinitamente meno tragico, ma un po’ di macerie ci sono e necessitano un esame, perché su quelle si possa ricostruire. 
Il primo dato che salta all’occhio sono i 70 punti che restano dei 78 dello scorso campionato. Paradossalmente, però, proprio quei 70 punti indicano l’unica cosa che la Juventus di Massimiliano Allegri ha fatto meglio di quella di Andrea Pirlo: il cammino in campionato. Unica e però la più importante, perché il campionato dà la misura della stagione e perché la qualificazione alla Champions League è vitale. I punti contano per quel che portano quando vengono fatti e con i 78 della scorsa stagione la Juventus rischiò seriamente di mancare il quarto posto, ottenuto all’ultima giornata grazie alla sconfitta casalinga del Napoli contro il Verona. In questa stagione era aritmenticamente in Champions a tre giornate dalla fine. Tranquillità che ha influito sull’unico punto raccolto dopo. Detto questo, c’è un dato che deve far riflettere: questo è il quarto campionato di fila in cui la Juventus fa meno punti rispetto a quello precedente e un trend così marcato non è un caso. E’ il frutto di un peggioramento della rosa dovuto soprattuto al ricambio inadeguato a centrocampo: dove la Juventus ha via via perso Khedira, Matuidi e Pjanic, prendendo Ramsey, Rabiot e Arthur. Per quanto il francese possa essere importante nel contesto giusto, il confronto è impietoso.

Oltre ai punti, i gol

Oltre ai punti, rispetto allo scorso campionato sono calati anche i gol: 20 in meno. La spiegazione in questo caso è semplice, riassumibile in un nome: Cristiano Ronaldo. Basta aggiungere i suoi 27 gol di media a campionato in Serie A, o anche i 21 realizzati nella prima stagione, con Allegri, per ribaltare l’esito del confronto. Senza contare assist, rigori procurati e la libertà che derivava ai compagni dal surplus di attenzione riservato a lui dagli avversari. La voragine aperta dal suo addio improvviso avrebbe dovuto essere in parte colmata, da febbraio, da Dusan Vlahovic, (nel frattempo però la Juventus aveva perso Federico Chiesa): il serbo è partito bene, sei gol e un assit nelle prime 10 giornate, poi ha pagato l’aumento di impegni e pressioni e il cambio di compagni e modo di giocare. Non a caso le operazioni di mercato prefigurano una Juventus schierata con un 4-3-3, con DV7 in mezzo a due ali come alla Fiorentina. Oltre a questo, Allegri dovrà lavorare sulla fase offensiva. In questa stagione si è concentrato sulla necessità di ritrovare equilibrio e con quello la continuità, riuscendo a centrare tra dicembre e marzo 16 risultati utili che avevano portato la Juventus a sfiorare il rientro nella lotta Scudetto, sfumato con la sfortunata sconfitta contro l’Inter il 3 aprile allo Stadium. Nella prossima, oltre a non perdere di vista la fase difensiva, perché alla fine i gol subiti sono stati 37 come nello scorso campionato, dovrà migliorare l’efficacia della manovra, poco incisiva soprattutto contro squadre chiuse: limite che ha influito sul rendimento casalingo, con la squadra bianconera che allo Stadium, per anni punto di forza, ha raccolto gli stessi 35 punti fatti in trasferta. 
Nel lavoro a cui dovrà dedicarsi sulla fase offensiva, e che dovrà riguardare anche l’aspetto mentale di una squadra spesso incapace di chiudere con personalità adeguata partite in cui si è mostrata superiore, Allegri dovrebbe avere a disposizione un surplus di qualità al cui reperimento la società sta lavorando: e che, specie se si concretizzeranno gli arrivi di Pogba Di Maria, dovrebbe colmare anche il deficit di gol su punizione (l’ultimo in campionato risale al 4 luglio 2020, firmato CR7) e da fuori area.

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Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a

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