LONDRA – «Se vogliono fare la Super League sono liberi di farlo, ma a quel punto non sono liberi di partecipare alle nostre competizioni». No, non sono le dichiarazioni di Aleksandr Ceferin di undici mesi fa, ma di questa mattina, anche se sono perfettamente sovrapponibili. La posizione del presidente della Uefa non si è ammorbidita e, al convegno Business of Football organizzato dal Financial Times a Londra, è stata ribadita con rigida fermezza. E ascoltata anche da Andrea Agnelli, presente a Londra e davanti a uno schermo mentre Ceferin parlava da Nyon. Il presidente dell’Uefa, infatti, non è volato in Inghilterra, come previsto, e quindi non c’è stato e non ci sarà un faccia a faccia con il presidente della Juventus, il cui intervento è previsto per le 18.30 ora italiana: «Mi scuso ma la situazione è drammatica e devo rimanere nella sede dell’Uefa. Nelle ultime 48 ore siamo stati al telefono in continuazione per organizzare il rientro dei calciatori e degli allenatori in Ucraina (De Zerbi lo ha ringraziato ufficialmente per l’intervento, ndr). È stato terribile parlare con loro, sapere che erano lì con le famiglie a poca distanza dai bombardamenti. Sono orgoglioso che la famiglia del calcio abbia reagito e sia intervenuta così alacremente», spiega Ceferin il cui intervento è durato poco più di mezzora e ha trattato molte problematiche del calcio.
Super League
Spicca, mediaticamente, il discorso sulla Super League, che altro non è che il ribadire la posizione dell’Uefa attraverso i soliti slogan: «Parlare di Super League non è parlare di calcio», esordisce. E prosegue: «Questi club hanno lanciato la Super League durante una pandemia e adesso la rilanciano durante una guerra, questo li qualifica», aggiunge (ma va detto che un rilancio della Super League in questi giorni o addirittura oggi non è confermato dai club interessati che continuano a ribadire come tutto sia nelle mani della Corte Europea). «Non era un progetto così intelligente», dice in un altro passaggio e bacchetta Agnelli, senza pronunciare il suo nome, ma definendolo «quello che è stato presidente dell’ECA e che una settimana prima di presentare la Super League elogiava il nostro sistema». Significativo, poi, che proprio la gestione del caso Super League e quella del Mondiale biennale vengano elencato da Ceferin insieme alla pandemia del Covid e alla guerra Russo-Ucraina come le più gravi situazioni che ha dovuto affrontare nel corso degli ultimi due anni. «Non so cosa possa capitare ancora!». E chiude: «I club possono pagare chi vogliono per dire che la Super League è bella, che è attenta, che fa un sacco di beneficienza e che ha cifre altissime di solidarietà. La Super League non è calcio. La Super League pensa agli affari, noi pensiamo ai tifosi. Uno di loro mi aveva anche chiamato per scusarsi, ma a quanto pare è di nuovo pronto a rilanciare il progetto. Bene, sono liberi di farlo, ma sappiano che chi gioca la Super League non può giocare le competizioni Uefa».
Caso Russia
Meno efficace, Ceferin, lo è quando deve spiegare la situazione russa con tutte le contraddizioni che si porta dietro: squadre di club e nazionali escluse da tutto il calcio con repentina decisione dei giorni scorsi, ma nello stesso tempo – gli viene fatto notare – affari intessuti con la Russia fino a qualche settimana fa (si citano i soldi della Gazprom, fra i più munifici sponsor dell’Uefa e la finale di San Pietroburgo concessa a Putin e poi trasferta a Parigi dopo lo scoppio della Guerra). Sulla motivazione della squalifica delle squadre russe, Ceferin ribadisce più volte: «È la decisione giusta», ma non la motiva in modo più articolato e non riesce neanche spiegare al moderatore, Simon Kuper che più volte lo incalza, come e quando questa squalifica potrebbe finire (Di fronte a un eventuale cessate il fuoco? Alla firma di una pace?). E anche sui rapporti con la Russia e con altre dittature, Ceferion dribbla: «Non siamo un’organizzazione politica che può indagare sulla situazione dei Paesi con i quali abbiamo a che fare».
Fair Play e incompetenza
Vago anche sul nuovo Fair Play finanziario: «Dovrebbe essere pronto per la fine della stagione, non posso dire molto altro». E sulla crisi finanziaria legata al Covid, Ceferin promette di intervenire con il Recovery Fund, ma specifica che «qualche club è andato oltre. Il calcio è uno sport nel quale spesso la voglia di vincere spinge ad andare oltre i bilanci. Il Covid ha colpito duramente il calcio, è vero, ma in certi club c’era una situazione grave anche prima del Covid e che non c’entrava con la pandemia, ma con l’incompetenza di chi li dirigeva». Allusione a Juventus, Real e Barcellona? Può essere, anche se non sono certo gli unici club ad essere «andati oltre».
Riforma Champions
Si irrita, Ceferin, quando gli dicono se in fondo la riforma della Champions League ricorda un po’ la Super League. «Non è assolutamente così. Oggi abbiamo 32 club che partecipano alla Champions, ne avremo 36 e i quattro in più arriveranno da campionati medi o piccoli, non certo dalle grandi leghe. E non credo che ci saranno posti assicurati in base al ranking (ipotesi circolata negli ultimi tempi, ndr). Penso che oggi ci sia un incontro del gruppo di lavoro tra la ECA e la UEFA e saranno assegnati più posti per i club più piccoli». E sull’aumento del numero delle partite in un calendario sempre più congestionato, fa spallucce: «Sapete, sono i club che ce lo chiedono per aumentare i ricavi. Soprattutto i club medio-piccoli».
Mondiale biennale
È un grosso e definitivo no quello di Ceferin al Mondiale ogni due anni che la Fifa continua a portare avanti (il vicepresidente Victor Montagliani ne ha parlato nel suo intervento di ieri, lasciando aperta l’ipotesi): «Per noi della Uefa il Mondiale ogni due anni non è un’ipotesi. E sarebbe meglio che la Fifa smettesse di parlarne. Ma non paragonate la Fifa con la Super League, noi con la Fifa parliamo regolarmente e ci confrontiamo sui temi del calcio». Ceferin è, però, aperto all’aumento di occasioni in cui far giocare le nazionali sudamericane ed europee: «La partita di Londra fra Italia e Argentina mi sembra una buona idea. Sarebbe bello aumentare il numero di partite fra nazionali di diversi continenti, ne discuteremo con la Fifa». Fifa che probabilmente gli risponderà che in fondo il Mondiale ogni due anni nasceva con quell’obiettivo, ma sarebbe ingenuo non notare che esiste una lotta di potere intorno al calcio fra istituzioni e fra istituzioni e club. Il sistema va incontro a profonde trasformazioni strettamente legate alla crisi che sta vivendo e questo innesca nelle migliori delle ipotesi confronti, nella peggiore scontri.