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Ezio Rossi: “Juric l'allenatore più da Toro dell'era Cairo”

Se sei cresciuto a pochi metri dal Filadelfia, entrandoci per la prima volta a 8 anni e militando nel vivaio, essere del Toro è una scelta di vita. Per Ezio Rossi – 192 presenze con 12 reti da giocatore e due stagioni (dal 2003 al 2005) nelle vesti di allenatore – ci sono valori che le trasformazioni del calcio non hanno intaccato: appartenenza e identità. Gli stessi che quest’anno, anche grazie al lavoro di Ivan Juric, il Torino ha riproposto in campo per la gioia dei suoi tifosi.

Rossi, Juric è riuscito a far rinascere il Toro. A Verona il settore ospiti era gremito di torinisti. Se lo aspettava?

«Per il tifoso è importante lo spirito della squadra e della società, che negli ultimi anni si era perso. Al popolo granata basta poco per ravvivarsi e dimostrare quello che ha sempre dimostrato nella storia. Sicuramente la figura di Juric è la migliore che possa esserci per riaccendere questa fiammella. Speriamo che tutto quello che c’è intorno lo segua e che la società si faccia delle domande. Chiaro che i risultati aiutano, ma bisogna riuscire ad avere uno zoccolo d’oro che si identifichi anche nella società, e tutto questo negli anni non c’è stato. Mi rendo conto quanto il calcio sia cambiato, ma bisognerebbe recuperare la gente delusa».

Il Filadelfia sarà nuovamente riaperto ai tifosi. Per lei che lì è cresciuto, che valenza ha il rapporto tra la gente, la squadra e la storia?

«Non credo possa esserci un’apertura totale del Fila, anche perché non c’è una squadra che si allena con il pubblico sempre presente. Dobbiamo essere nostalgici, ma anche realisti. Il Filadelfia, in un calcio diverso, è stato un valore aggiunto. So che i tifosi sono legati ai simboli, e ci sta aprire ogni tanto. Quando non ci sono gli allenamenti sarebbe bello anche tenere aperto il cortile affinché possa nuovamente diventare un punto di ritrovo».

Dagli spalti, la gente avrà lo sguardo fisso su Belotti, cercando di intercettare segnali per il rinnovo. Secondo lei come finirà?

«Credo che Belotti cambierà squadra. Non so dove andrà e che idea abbia. È l’altro simbolo del Toro assieme a Juric, e dal punto di vista professionale è comprensibile che possa fare una scelta diversa. Non so se Juric potrà incidere: a volte fai fatica a capire il tuo spogliatoio da dentro, figurarsi da fuori. Presumo che Belotti abbia fatto la sua scelta indipendentemente da tutto, partendo da lontano. Se poi sarò smentito, tanto meglio per il Torino».

Da tifoso e collega, come giudica il primo anno di lavoro del tecnico croato?

«Sicuramente è l’allenatore più da Toro della gestione Cairo. La squadra deve competere sempre tra il 10° e il 6° posto. Quest’anno si è fatto un primo passo. Non sono solo i risultati a far sì che il Toro sia davvero Toro: ci sono tante cose granata che girano attorno e che, anche se il mondo è cambiato, la gente si aspetta. Parlo di un settore giovanile gestito bene e di impianti da costruire».

Su strategie e programmazione, adesso la palla passerà a Cairo.

«Si, ma deve essere bravo Juric a convincerlo. Poi toccherà alla società assecondare il tecnico almeno in relazione alle caratteristiche dei giocatori. Lui ne conosce alcuni che la società non può conoscere. Se riscatti Brekalo, avendoci lavorato, per gli altri diventa un discorso anche economico».

Bremer è in partenza: come si sostituisce un difensore di questo livello?

«Si può puntare su un giocatore che si ha in casa o che magari sia già stato individuato. In passato il Torino valorizzava il settore giovanile: se pensiamo che Ogbonna e Barreca sono praticamente gli ultimi del vivaio in campo in Serie A, direi che è poco. Adesso c’è Buongiorno e mi auguro che riesca a essere un titolare. Non è al livello di Bremer, certo, ma bisogna dargli fiducia».

Venerdì l’ultima in casa contro la Roma. Che partita si aspetta?

 «Forse i giallorossi avranno più motivazioni. È ovvio che anche il Toro vorrà chiudere in bellezza per salutare bene i tifosi. Se i granata chiuderanno al 9° o al 10° posto, è chiaro che il prossimo anno dovranno fare di più e lottare per un posto nelle Coppe europee. Sarebbe bello, dopo tanti anni, entrare dalla porta principale».


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a


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