MILANO. Sabato Nicola Sansone è stato accolto come un Re da San Siro rossonero: quando lo speaker dello stadio ha annunciato il suo nome, c’è stato un boato carico di ringraziamento per il gol che ha spalancato le porte al 19° scudetto. Rete firmata il 27 aprile in Bologna-Inter, gara già passata agli annali come quella della paperissima di Ionut Andrei Radu il quale, per uno strano scherzo del destino, pochi giorni dopo Sansone, suo giustiziere, rimetterà piede al Meazza. L’avevamo lasciato sotto la Curva Nord il 22 maggio mentre – tra i compagni in lacrime – si accomiatava dal campionato e dall’Inter. In queste sliding doors milanesi, pure il calendario ci ha messo lo zampino perché, a rendere il ricordo ancora più amaro, ci sarà la quasi concomitanza con un altro Sassuolo-Milan che farà da antipasto alla gara dell’Inter. Da allora sono passati cento giorni ma la ferita per il povero Radu è ancora aperta. Se le indiscrezioni saranno confermate, troverà di fronte André Onana, il titolare-bis scelto da Marotta e Ausilio per affiancare Samir Handanovic. Non si fa peccato a pensare che i loggionisti di San Siro accoglieranno con i fischi Radu, ma per onestà intellettuale va ricordato come le sue colpe vadano in parte divise con Perisic (che fece una sconsiderata rimessa laterale lanciando un pallone avvelenato verso la porta) e De Vrij che, anziché provare a prendere quel pallone, all’ultimo lo lasciò passare. La frittata l’ha poi fatta Radu e, seppur mancassero ancora 4 giornate alla fine, quella paperissima è stata immediatamente affiancata nel libro degli orrori nerazzurri a quella di Giuliano Sarti a Mantova che consegnò lo scudetto 1966-67 alla Juventus. Il ko contro i rossoblù non è stato altrettanto decisivo ma l’Inter, perdendo a Bologna, oltre a subire il sorpasso dal Milan, ha dato la possibilità ai rossoneri di poter pareggiare una gara, importantissimo vantaggio psicologico nella gestione della volata scudetto. E così Radu – come peraltro Sarti (nonostante sia stato il portiere della Grande Inter…) – dovrà per anni sorbirsi domande su quanto successo il 27 aprile al Dall’Ara. Però può consolarsi: pure a Walter Zenga – icona nerazzurra nonché, ai tempi, miglior portiere del mondo – ricordano ancora il gol di Caniggia a Italia’90. È il destino del portiere che, come cantavano i Bluvertigo in Sono=sono, “Era l’unico a differenziarsi. Pensavo che non fosse della squadra Era vestito meglio e stava fermo”. Il problema è che, anche per questo, quando un numero 1 sbaglia, tutti se lo ricordano per anni.
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