MILANO – Nel day after nerazzurro fanno rumore le parole di Beppe Marotta. «Con la Juventus sconfitta meritata. Non guardo mai le statistiche, ma in questo caso devono imporci riflessioni importanti – ha sottolineato l’amministratore delegato allo Sports Business Talk di Rcs Academy – Abbiamo preso 19 gol, di cui 16 in trasferta con 4 sconfitte (a cui va aggiunta quella a San Siro con la Roma, ndr). Siamo l’Inter e non siamo abituati a questi numeri, serve un’analisi interna approfondita. Tante le sconfitte fuori casa, dobbiamo capire perché c’è questa differenza tra casa e trasferta». Simone Inzaghi ci sta ragionando da un po’ e pure prima della Juventus aveva parlato di «dettagli su cui lavorare per far sì che non ci sia più questa differenza tra gol presi a San Siro e quelli incassati in trasferta». In tal senso l’assenza di Romelu Lukaku è un alibi che può tenere (con Big Rom la squadra è ancor facilitata a tenere il baricentro basso) ma – come pure giustamente sottolineato da Inzaghi dopo la sconfitta con la Juve – a Torino i gol sono arrivati per due contropiedi figli di errori individuali (clamoroso quello di Barella sull’1-0 che ha incanalato la partita).
Oggi l’allenatore avrà occasione per confrontarsi con i dirigenti e per capire se tutti i giocatori saranno arruolabili per la gara col Bologna (ci sono un paio di acciaccati da valutare) ma, guardando un po’ più lontano, il test vero per capire se l’Inter ha iniziato a invertire la tendenza sarà domenica a Bergamo «Gli scontri diretti precedenti penso siano serviti per capire come e dove possiamo rimediare», l’auspicio di Marotta che – non poteva essere altrimenti – non ha certo issato bandiera bianca nemmeno per lo scudetto: «Il campionato, come dicono tutti, sarà anomalo. Quando riprenderemo a gennaio con l’importante sfida contro il Napoli e ci saranno ancora 25 giornate da giocare, con 75 punti in palio. Il cammino fino a oggi è costellato da queste 4 sconfitte fuori casa, sono tante per l’Inter. Dobbiamo capire da dove viene la differenza sostanziale tra le gare che giochiamo in casa e quelle che giochiamo in trasferta».
Già però i numeri sono impietosi per questa Inter che non perdeva tante partite in avvio di campionato dal 2011-12 (6 in 12 giornate): quella fu una stagione balorda, con Gasperini, Ranieri e quindi Stramaccioni ad avvicendarsi in panchina e sesto posto finale. Discorso simile nel 2016/17 con 5 ko nelle prime 13 e altri tre tecnici cambiati (De Boer, Pioli e Vecchi) e addirittura settimo posto finale. Ancora più stridente è però il paragone tra quanto sta accadendo in questa stagione al confronto delle ultime tre annate in cui l’Inter ha collezionato due secondi posti in campionato inframmezzati dallo scudetto vinto con Conte nel 2020-21 (il gruppo è pressoché lo stesso). Nell’anno tricolore l’Inter ha perso tre volte in un campionato intero, mentre nella prima stagione con l’ex ct in panchina e nell’ultimo torneo, con Inzaghi sulla tolda di comando le sconfitte sono state 4, comunque meno rispetto a quelle subite quest’anno prime 13 giornate.
Annata, quella attuale, che ricorda l’ultima di Spalletti in panchina (2018/19) quando i ko furono ben nove ma il quinto arrivò alla 21ª giornata. Quella fu una stagione segnata dalla “degradazione” di Icardi e l’uomo di Certaldo fu comunque bravissimo a guidare l’Inter fino al quarto posto. Lo stesso dovrà fare Inzaghi anche perché in ballo ci sono i 60 milioni che garantisce la Champions (57 milioni gli introiti certificati nell’ultimo esercizio di bilancio). Perché è giusto pensare ancora allo scudetto, ma non bisogna perdere lo sguardo dall’obiettivo che garantisce la sopravvivenza economica al club. E, se il campionato fosse finito a Torino, l’Inter – che comunque dista tre punti dal quarto posto – sarebbe stata fuori pure dalla Conference League…
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