297-29-20: sono i numeri di Federico Chiesa che, finalmente, è tornato. 297 sono stati i giorni di assenza, da quel 9 gennaio scorso quando il Campione d’Europa riportò il gravissimo infortunio dal ginocchio sinistro. Ventinove è il numero del minuto della ripresa della gara con il Psg in cui Federico è subentrato al posto di Miretti. Venti (recupero compreso) sono i minuti giocati dall’attaccante, il cui solo ingresso in campo ha riacceso l’entusiasmo dei tifosi, frustrati dai pessimi risultati di questo inizio stagione. Scivolata in Europa League dopo avere incassato cinque sconfitte nelle sei partite della fase a gironi di Champions (mai così male nel massimo torneo continentale), la Juve è attualmente settima in campionato a 10 punti dal capolista Napoli, a 3 punti dal quarto posto. Ora i bianconeri sono attesi da Inter (6 novembre, Stadium), Verona (10 novembre, Stadium) e Lazio (13 novembre, Stadium): tre partite da vincere per continuare a inseguire almeno un piazzamento Champions. Nella manciata di minuti che l’hanno visto scattare, correre, addirittura rischiare di avere fra i piedi il pallone del possibile 2-2, Chiesa ha indicato la strada che la squadra deve seguire.
La sconfitta con il Psg e l’ingloriosa eliminazione dalla Champions l’hanno detto chiaro: è finito il tempo delle scuse; delle attenuanti generiche; dell’invocazione degli indisponibili che non sono mai disponibili; delle dissertazioni sui giocatori di categoria e sui giovani sempre troppo giovani essere titolari fissi, anche se quando vanno in campo dimostrano il contrario. La Juve rialzi la testa e faccia la Juve, in campionato e in Europa League, profondendo ogni sforzo per cercare di vincerla. Oggi più che mai le chiacchiere stanno a zero.
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