Emozionato mai. Eccitato semmai. Dusan Vlahovic ieri era un bambino in viaggio verso Disneyland. Racconta Franck Ribéry che, nelle lunghe chiacchierate di consigli con il giovane bomber, non mancava mai l’argomento Champions League, la favola che il diciottenne Dusan non si stancava mai di farsi raccontare. Vlahovic questa sera non avrà più bisogno delle parole di quella specie di fratello maggiore calcistico per immaginare l’atmosfera e sentire il rumore di quel palcoscenico che lo ha stregato fin dalle elementari, quando la serata di Champions era l’unica in cui poteva sforare l’orario delle nanne, iniziando comunque a sognare alle 20.45, per quanto a occhi spalancati. Per un giocatore nato nel 2000 la Champions League rappresenta qualcosa di perfino più grande rispetto a quanto percepito dai giocatori delle generazioni precedenti. A una notte come questa Vlahovic pensa da sempre, da quando suo papà gli aveva mandato un messaggio sul suo cellulare: «Figlio, andiamo al Partizan!», che a quattordici anni aveva segnato la cesura fra il giocare a pallone e il fare sul serio. Non che prima Dusan lo facesse solo per divertimento, perché la ferocia con la quale cercava il gol e le vittorie è sempre stata la stessa, ma da quel giorno la Champions non era più un orizzonte lontano, bensì un progetto da costruire con abnegazione e lavoro. In fondo non ha dovuto aspettare neanche troppo tempo e stasera si troverà illuminato dai riflettori più luminosi del calcio mondiale.
Alessandro Del Piero in tribuna
Nervoso? Macché. Sì, Allegri parla di «proteggere il ragazzo», ma sa benissimo che la cosa è reciproca e una grande partita di Vlahovic aprirebbe sopra di lui un ombrello non indispensabile, ma certamente molto utile in questo delicato periodo. Questa sera in tribuna ci sarà Alessandro Del Piero e certo non indosserà la maglia del Villarreal con il suo nome che gli è stata donata ieri. Alex esordì in Champions League con un meraviglioso gol al Borussia Dortmund e tutti si aspettano che Vlahovic lo imiti, perché vedere l’alba di un campione è senza dubbio più elettrizzante che osservarne il pur luminosissimo tramonto, come è accaduto nel triennio bianconero di Cristiano Ronaldo.