TORINO – Nella vertiginosa ascesa di Fabio Miretti, soprattutto in quella precocità che in genere emerge di pari passo con il talento, c’è scolpita la firma (anche) di Lamberto Zauli. Quando il centrocampista saluzzese era un perno dell’Under 17 della Juventus, infatti, il tecnico l’aveva voluto con sé per le prime esperienze in Under 19. E così la stagione successiva, con il ragazzo in Under 19 e l’allenatore in Under 23. Fino alla scorsa annata, quella vissuta insieme fin dal ritiro estivo proprio nella seconda squadra bianconera. E valsa al canterano, in corso d’opera, la “promozione” agli ordini di Allegri ad appena 18 anni. In un inseguirsi e infine ritrovarsi durante il quale Miretti ha accumulato con Zauli in panchina ben 36 presenze, più di quelle sommate con qualsiasi altro tecnico lungo il cammino nel vivaio. «Ma il percorso di Fabio parte da ben più lontano rispetto alle scorse tre stagioni con me, dal momento che è alla Juventus da quando ha otto anni – riconosce l’allenatore, che dopo aver lasciato Vinovo ha vissuto in estate una fugace esperienza al Sudtirol in Serie B -. Il merito della sua esplosione è della società, che l’ha forgiato e coccolato lungo tutto questo tempo. Negli ultimi anni, semplicemente, è arrivata quella crescita fisica che gli ha permesso di iniziare ad affacciarsi al mondo delle prime squadre, ma le doti fuori dal comune erano lampanti già in precedenza».
Lamberto Zauli, dal vivaio al Parco dei Principi: la stupirebbe domani sera ritrovare Miretti titolare di fronte al Psg, a maggior ragione visto che a Firenze è stato inizialmente tenuto in panchina?
«Vederlo sfidare mostri sacri come Neymar e Mbappé fin dal primo minuto, per certi versi, sarebbe una sorpresa. Ma Fabio ha evidenti qualità e, forse ancor più importante, una spiccata personalità: con queste doti, secondo me, può giocare ovunque e contro chiunque».
Per un giocatore con la sua tecnica, paradossalmente, può essere più semplice esprimersi in Champions League piuttosto che sui campi della Serie C, come un anno fa?
«Parto dal presupposto personale per cui la tecnica è il calcio, quindi credo di sì. Più cresce il contesto in cui si gioca, più aumenta il livello tecnico tutto intorno: i compagni giocano più velocemente, con più precisione e facendo sempre la scelta giusta. È questo a rendere tutto più semplice, a patto di valere quel livello. E Fabio lo vale, eccome».
Ma qual è, secondo lei, la posizione in campo ideale per Miretti?
«Penso sinceramente che possa ricoprire tutti i ruoli del centrocampo: il fatto che lo scorso anno in Under 23 l’abbia impiegato per lo più in una mediana a due racconta molto sulle sue qualità e sulla sua capacità di adattamento. Si smarca molto bene, sa giocare con i compagni e fa sempre le scelte giuste: il ruolo specifico, per un ragazzo così giovane e con così tanti margini, è davvero relativo».
La caratteristica che più ha apprezzato del ragazzo?
«Fabio è bravissimo nella prima costruzione come, allo stesso tempo, nel trovare il filtrante per l’ultimo passaggio. Ma, se devo dirne una sola, allora penso all’umiltà: è un giovane con i piedi per terra e che si mette sempre a disposizione, anche per questo credo piaccia tanto ad Allegri».
Dal vivaio al Parco dei Principi, allora: e poi?
«Fabio ha il calcio nel sangue, ci sono tutte le possibilità di essere di fronte a un grande talento. Sono convinto che si ritaglierà il suo spazio, soprattutto se continuerà a giocare con la sicurezza mostrata finora: non solo in Serie A in generale, ma proprio nella Juventus. Gioca già in una delle squadre più forti al mondo e può fin da subito diventare il protagonista di un’ottima stagione».