Lippi, lei ha giocato moltissime grandi sfide. Quella tra Juventus e Inter ha qualcosa di particolare?
«È una delle grandi partite classiche del calcio italiano, come Juventus-Milan o Milan-Inter. Sfide tra grandi squadre che magari non frequentemente si incontrano in una finale. Ecco, questa è una partita speciale perché è una finale, tipo quella tra Juventus e Milan a Manchester nel 2003: quella era ancora più importante e speciale perché c’era in palio la Champions League, ma anche questa è una partita di livello».
A proposito di Champions. Una finale, anche se di Coppa Italia, allo stadio Olimpico di Roma immaginiamo le susciti ricordi piacevoli…
«Certamente. È l’ultima Champions che ha vinto la Juventus, quella del 1996. Fu l’inizio di un cammino fantastico perché giocammo tre finali di Champions League consecutive: 1996, 1997 e 1998. E nel frattempo vincemmo tre scudetti in cinque anni (1995, 1997 e 1998, ndr), una Coppa Italia (1995, ndr) e la Coppa Intercontinentale (1996, ndr). Un ciclo fantastico. È chiaro che una vittoria su tre finali è poco, ma se per tre stagioni arrivi in finale vuol dire che per tre anni hai vinto su tutti i campi d’Europa e questo poco non è».
Di finali lei ne ha anche vinte tante, quella mondiale a Berlino per citarne solo un’altra. Come si preparano?
«Non si preparano, non ce n’è bisogno. Si preparano da sole. Perché andare in finale di una competizione, qualunque sia, significa che per tre, quattro mesi, o un anno, tu hai vinto contro tutti. Altrimenti non saresti in finale. E una squadra che ha eliminato tutte le avversarie incontrate ha assunto una convinzione di forza, un’autostima, una consapevolezza dell’importanza delle cose che sa fare, che è già preparata. Deve solo andare in campo e vincere».
Come arriva la Juventus a questa finale?
«Arriva alla fine di una stagione in cui è cresciuta e migliorata. Probabilmente la Juventus quest’anno non era una squadra da scudetto, e infatti non lo vince, magari lo starà per diventare. Però è una squadra che è arrivata in Champions League e vincendo la Coppa Italia, se riuscirà a vincerla, avrebbe già realizzato qualcosa di importante».
L’Inter invece come arriva all’appuntamento di stasera?
«L’Inter ci arriva in competizione su due fronti. Fino a un mese fa, prima della partita contro il Bologna, quando mi chiedevano chi secondo me avrebbe vinto il campionato, indicavo sempre l’Inter. Perché mi sembrava la squadra più forte, più convinta, più rabbiosa, più determinata, più grintosa in campo, tanto che è andata avanti su tutti i fronti. Persa la partita con il Bologna, invece, ora si trova in una situazione difficile in campionato: due punti dal Milan a due giornate dalla fine sono tanti. A questa finale però si presenta in buone condizioni fisiche, con un potenziale che probabilmente non ha nessun’altra squadra: quattro attaccanti come quelli tra i quali può scegliere Inzaghi non li possiede nessuno. Perciò potenzialmente può ancora fare doppietta. Ripeto, i due punti di vantaggio del Milan sono tanti, ma può succedere di tutto».
L’Inter può fare doppietta, la Juventus questa sera invece ha l’ultima chance per non chiudere la stagione senza trofei: può sentire l’ansia da ultima spiaggia?
«Alla Juventus non c’è mai ansia o paura. Nella Juventus nessuno ha l’ansia. Probabilmente c’è il rammarico di non essere stati competitivi in campionato per qualcosa di più importante del quarto posto, però c’è soddisfazione per avere raggiunto la qualificazione alla prossima Champions League, che per la società bianconera è molto importante. E poi c’è questa finale di Coppa Italia, ma la Juventus è abituata a giocare le finali. Perciò non ci sono ansie in casa bianconera».
Sul campo che partita si aspetta?
«Sono due squadre di livello tecnico più o meno uguale, di buona personalità e hanno due ottimi allenatori. Sarà una partita equilibrata, può sembrare una banalità ma è quello che penso realmente, e in entrambe le formazioni ci sono giocatori capaci di risolvere la sfida in qualsiasi momento. Vediamo chi avrà l’abilità di sbloccarla».
Recentemente Andrea Agnelli ha indicato in Vlahovic, De Ligt, Chiesa e Locatelli i quattro giocatori su cui la Juventus ha deciso di investire: sono la base giusta per costruire un ciclo vincente?
«Andrea Agnelli ha ragione. Sono quattro grandi giovani calciatori. Qualunque società al mondo, dovesse impostare un processo di ricostruzione o di costruzione della propria squadra, partirebbe da questo tipo di giocatori: giovani, di altissimo livello tecnico e di grande personalità».