TORINO – L’esito della prova di Bergamo ne ha dato conferma: se il Toro fosse un cerchio, il lavoro portato avanti da Juric avrebbe compiuto attorno ai 320°. Che sono tanti considerato il punto di partenza, cioè due stagioni massimanente deludenti, ma che appunto non completano il cerchio. Mancano una quarantina di gradi, per completare l’opera. I granata hanno radicata una mentalità vincente che li porta a contrapporsi contro qualsiasi avversario con il medesimo approccio, tatticamente hanno una fisionomia precisa e globalmente produttiva, tecnicamente stanno crescendo anche grazie a una ritrovata sicurezza. Prodromica a una fiducia che si traduce, in campo, nella proposta di giocate non banali, nella generosità nei raddoppi, nella disposizione a tenere il baricentro alto anche quando di fronte c’è un avversario dai valori tecnici, quindi dal palleggio superiore. Ma proprio quest’ultima, contestualmente, è una variabile che il Toro in questa stagione ha dimostrato di non gestire sempre al meglio.
Contro l’Atalanta i granata si sono ritrovati avanti di due gol al 22’ della ripresa (dopo il secondo rigore – terzo in due prove – trasformato da Lukic): un risultato parziale maturato proprio in virtù di quanto spiegato in precedenza. Quattro gol al Gewiss Stadium non arrivano per caso, ma si inanellano se l’atteggiamento è quello messo in campo dai granata. Coraggiosi, mai intimoriti da un avversario che pure dopo lo svantaggio ha prodotto con piena energia una reazione feroce. Il tema è come fare per conservare il doppio vantaggio, per evitare che anche nella prossima stagione si debbano contare i punti persi per reti incassate nel finale di gara.
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