TORINO – Era stato marchiato a fuoco troppo frettolosamente. Perché la prima stagione di Ricardo Rodriguez con la maglia del Toro non ha certo fatto brillare gli occhi a società e tifosi, anzi. Nella gestione Giampaolo, che lo aveva voluto fortemente in granata, è stato uno dei primi ad affondare: emblema supremo di un progetto naufragato molto in fretta. Nemmeno l’approdo di Davide Nicola, che a fine campionato ha comunque condotto il Toro alla permanenza in Serie A, è riuscito a cambiare il destino del laterale sinistro svizzero. Al momento della firma di Ivan Juric, a maggio 2021, Rodriguez era un giocatore sopportato: ingaggio pesante, età non più verde, contratto lungo e rendimento rivedibile sul campo. C’erano tutti gli ingredienti per una cessione. Si era fatto vivo il Bordeaux di Vladimir Petkovic, suo ex ct nella nazionale svizzera, ma l’interesse è morto sul nascere. E Juric ha benedetto quel momento. Perché ha potuto constatare da vicino le potenzialità di un ragazzo che al Toro aveva ancora tutto da dare. In effetti è andata proprio così, sin da subito. Poco tempo fa il tecnico croato ha parlato così del primo incontro con Rodriguez: «È un professionista diverso, ha una preparazione tutta sua per le partite, la testa è sempre rivolta alla gara. Mi ha conquistato dal primo ritiro, quando doveva andare via. È un tipo silenzioso, non parla molto, ma la sua parola vale e gli altri lo ascoltano». Un vero e proprio colpo di fulmine.
La nuova vita di Rodriguez, che dopodomani esordisce al Mondiale in Qatar affrontando il Camerun, è iniziata proprio con Juric. Il tecnico ha impiegato pochissimo a trovargli una collocazione: braccetto di sinistra della difesa a tre. Così l’anno scorso, in una posizione di fatto nuova per lui, ha disputato una stagione eccezionale. Ben oltre le aspettative, sebbene già ai tempi il tecnico si fosse stupito della scarsa considerazione di cui godeva l’ex Milan: «Dicevano fosse scarso, invece da anni è un punto fermo della nazionale svizzera e qui sta dimostrando di essere davvero forte». Titolare nello scorso campionato, mentre in questo torneo quando scende in campo indossa lui la fascia di capitano. Da quando è stato destituito Sasa Lukic, che Rodriguez ritroverà di fronte nel girone eliminatorio in Qatar, è toccato a lui. Scelto da Juric e approvato dallo spogliatoio. La sua autorevolezza fa bene a tutto il gruppo: non alza la voce, ma dispensa consigli e indicazioni. Non è istrionico, ma si fa vedere lo stretto necessario. Sa essere un leader calmo, che però tutti seguono. Anche con la Svizzera è così, ormai da tantissimi anni. Rodriguez ora vuole trascinare il suo popolo agli ottavi di finale del Mondiale: è il primo step da compiere, anche perché il raggruppamento è particolarmente insidioso. Oltre a Serbia e Camerun, infatti, c’è lo spauracchio Brasile. Contro i verdeoro ritroverà Gleison Bremer, a cui Ricardo ha insegnato tanto, soprattutto in fase di impostazione. In Qatar i pronostici dicono che sia più facile che l’allievo superi il maestro, ma mai dire mai. Rodriguez ha ancora nuove vite da scoprire.
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