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Toro, al Filadelfia? I vigili del fuoco

Prossima visita, i Vigili del Fuoco. Ma la gente no, per ora no, sempre e solo no. Il Filadelfia chiuso è e chiuso rimane. Domani? Chissà. Consiglio di amministrazione della Fondazione Filadelfia, ieri pomeriggio: e la Fondazione (a commistione pubblico-privato) è l’ente che gestisce l’area e che negli scorsi lustri aveva promosso la ricostruzione dello stadio, inaugurato nel 2017. Del Cda, è sempre bene ricordarlo, fanno parte il Comune di Torino, la Regione Piemonte, alcune associazioni di tifosi e naturalmente il Torino Fc: anch’esso in qualità di socio fondatore. Nonché, in regime di esclusività, di affittuario a cifre modiche del centro sportivo (poco più di 200 mila euro all’anno). Ordunque, all’ordine del giorno di ieri vi era, idealmente sottolineato due volte, l’argomento del cortile del Fila. Che, come da statuto originario e perdurante della Fondazione, dovrebbe restare aperto senza limitazioni di sorta. Una disposizione statutaria totalmente ignorata in questi 5 anni, se non in casi più unici che rari (l’ultima volta nello scorso maggio, per un giorno solo, in occasione dell’anniversario della ricostruzione).

Una, due, tre volte…

Si contano sulle dita di una mano le aperture: e non si intenda questa frase in senso metaforico. Testualmente: è così. Quanto il cortile del Fila abbia rappresentato una culla per i tifosi del Torino sin dagli Anni Venti (e fino all’inizio degli Anni 90, quando lo stadio del 1926 fu sciaguratamente abbattuto) è storia non solo nota, ma feconda, indimenticabile, potente per effetti e lasciti. La rinascita del Fila anche a questo doveva portare: alla riproposizione di una tradizione, con quel cortile inteso come un magnete di aggregazione, al fianco della squadra. Il tutto, senza naturalmente disturbare il lavoro dei tecnici e dei giocatori: e senza nemmeno poterli… spiare, dal momento che il cortile è separato dal campo principale di allenamento dalla nuova tribuna centrale. Il rappresentante del Torino nel Cda, Giuseppe Ferrauto, ha allargato le braccia. Come da missiva già inviata dal club una settimana fa alla Fondazione, il Torino non può aprire il cortile in quanto è scaduto da qualche mese il cosiddetto Cpi, di durata quinquennale: il certificato di prevenzione incendi. Indispensabile per poter aprirel’impianto al pubblico (cortile, tribuna, gradinate laterali), ma non necessario per l’attività quotidiana dei tesserati e dei dipendenti del Torino. Ohibò: ordunque la Fondazione (presidente Luca Asvisio) si era banalmente dimenticata di richiedere un nuovo rilascio di quel documento. Vogliamo allora puntare un dito contro qualcuno, beninteso in modo pacifico, solo per amor di ragionamento? Tutti presunti “colpevoli”: i rappresentati del Comune, della Regione, dei tifosi, ma anche del Torino stesso all’interno del Cda. Può capitare, non doveva capitare, è capitato, non dovrà più capitare. Curiosamente, il problema adesso è questo, manca l’indispensabile Cpi: ed è giusto così, ci mancherebbe, l’incolumità pubblica prima di tutto, le leggi sono leggi. Da rispettare. Siamo seri non solo quando fa comodo, però: e allora nelle… gloriose stagioni 2017-2018, 2018-2019 e 2019-2020? Ovviamente sino al febbraio di 2 anni fa, quando poi esplose la pandemia, con tutte le restrizioni che ben sappiamo quanto al divieto di assembramenti. Ebbene? In quei due anni e mezzo abbondanti eccome se il certificato di prevenzione incendi c’era: persino in bella mostra, volendo. Quali erano i motivi per cui non veniva ugualmente mai aperto quel cortile?

Lavori già affidati

I vertici della Fondazione già da qualche giorno avevano preso atto della lacuna attuale. Ieri, il Cda non ha potuto che statuire i necessari lavori di adeguamento, affidati a due ditte: cui seguirà il sopralluogo del Vigili del Fuoco (il cui Comando provinciale, su istanza dei soggetti responsabili interessati, dovrà poi rilasciare quel benedetto certificato). «Tempo 2 settimane, un mese al massimo», si sono detti durante la riunione. E subito dopo Domenico Beccaria, con al fianco la bandiera granata Angelo Cereser (i 2 rappresentanti dei tifosi), ha subito sibilato: «Sia chiaro, poi però le scuse saranno finite! Basta, ma davvero basta, dopo! Il Torino non avrà più scuse, per cui ci aspetteremo che il cortile venga lasciato aperto tutti i giorni per i tifosi e i cittadini del quartiere, come da statuto. E non certo per gentile concessione del padrone del castello. Qui permangono dei diritti e dei doveri statutari, non elemosine ai tifosi. E siccome degli 8 milioni stanziati inizialmente per la ricostruzione del Fila ben 7 erano stati suddivisi dal Comune e dalla Regione, se il Torino continuerà a tener sempre chiuso il cortile ci riserviamo la possibilità di presentare un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale: in quanto il Comune e la Regione non potevano pagare i sette ottavi della spesa per regalare un centro sportivo a un soggetto privato, ma proprio per le storiche valenze sociali, culturali e di aggregazione di quell’area, da riqualificare anche per i tifosi e i cittadini».

L’ultima eccezione

Il rappresentante del Torino ha comunicato che servirà allora un servizio di sorveglianza, durante le aperture del cortile. E “naturalmente” non a carico del club di Cairo, ma della Fondazione: toh, che strano. Come a dire: l’inquilino affittuario decide autonomamente di farsi sistemare in casa un sistema d’allarme, ma a pagarlo dovrà essere il padrone dell’appartamento. Funziona così, solitamente, nella vita di tutti i giorni? In ogni caso, la Fondazione si è resa disponibile eventualmente a formare i suoi volontari per adempiere al compito. Altri busillis? Che cosa spunterà ancora? Pro memoria: l’associazione di tifosi Giuristi Granata, in nome e per conto degli Stati Generali Granata, ha già compiuto mosse ufficiali negli scorsi mesi per richiedere l’apertura del cortile, appunto come da statuto, e ha confermato la sua disponibilità a proseguire l’assistenza legale. Cosa mancherà fra 30 giorni? Forse la chiave per aprire il cancello?


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a

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